Psicologia e performance sportive

La psicologia nello sport come risorsa per lavorare sull'atleta e sul team a 360°, migliorando la consapevolezza delle proprie abilità, potenzialità e agendo per obiettivi.

Psicologia e performance sportive

Quando pensiamo ai grandi sportivi, i campioni di ieri di oggi, li immaginiamo invincibili e incrollabili perché così idealizziamo i vincitori e più in generale chi mette tutto se stesso per migliorare le sue performance sportive. E come c'entra la psicologia? La psicologia e lo sport sono mondi dialoganti perchéun atleta in forma non può trascurare il suo stato di benessere psicologico e perché in vista di grandi sfide, anche la mente va allenata. Ne parliamo con la psicologa dello Sport MIchaela Fantoni.

 

Chi è lo psicologo dello sport?

Lo psicologo dello sport è un professionista esperto di sport e di preparazione mentale. Per svolgere l’attività è necessario aver completato la formazione con un master apposito, avere una buona conoscenza delle diverse discipline sportive ma prima di tutto una grande passione per lo sport.

Si occupa dell’atleta e della sua performance, dal benessere psicologico dell’atleta alla preparazione mentale efficace della gara, collabora e si confronta con i tecnici, supporta la gestione dei momenti difficili, quali grandi carichi di lavoro o, per esempio la ripresa delle attività dopo un periodo di stop forzato.

Lavora a 360° con lo sportivo considerando gli aspetti cognitivi e quindi i suoi pensieri specifici rispetto la performance, quali aspettative ha, ma anche la sua motivazione, come l’ “immagine di sé” può influenzare il risultato, ma anche i suoi agiti e comportamentali e, da ultimo, ma non meno importante, cosa prova e quando, vale a dire tutta la parte più emotiva, instaurando un rapporto di fiducia reciproca e affiancamento nel raggiungimento dei suoi obiettivi.

 

Quali sono i suoi ambiti di intervento?

L’intervento più comune è quello legato alla preparazione mentale degli atleti, soprattutto di alto livello, che devo affrontare carichi emotivi e di tensione notevoli durante le loro performance ma anche nel raggiungimento delle stesse.

In realtà però l’azione è più ampia e articolata poiché si lavora anche sulla preparazione della squadra, sia essa intesa come gruppo di sportivi, sia come insieme di persone che ruotano attorno all’atleta per la sua preparazione. Interviene in caso di infortunio, sia nella fase si elaborazione dello stesso che nel recupero psico-fisico e nella preparazione emotiva al ritorno in campo.

Si lavora nel lungo periodo dalla fase di preparazione e allenamento fino al momento vero e proprio della gara, per poi continuare il lavoro ripercorrendo quanto avvenuto per focalizzare i punti di forza e debolezza in previsione di un miglioramento futuro.

 

Si lavora solo con atleti di alto livello o più ad ampio raggio?

Ovviamente no, l’intervento non è diretto solo agli atleti di alto livello, ma anche a atleti dilettanti che vogliono migliorarsi e raggiungere una performance agonistica maggiore. Lavoriamo tanto nel settore giovanile con una importante introduzione e sensibilizzazione sulle tecniche di preparazione mentale e sul loro valore aggiunto nella crescita sportiva.

In realtà poi, come già accennato prima, l’azione è molto più complessa quindi si effettuano attività formative per i tecnici, lavori sul gruppo, si offre sostegno ai famigliari, si lavora con i giovani atleti per rafforzare i loro talenti, ridurre le problematiche psicologiche legate alla prestazione e favorire una corretta collaborazione tra genitori e tecnici nel rispetto del benessere dell’atleta.

È un campo molto vasto quello del mondo sportivo, che va al di là del singolo individuo, pertanto lo psicologo cerca di rispondere alle richieste anche in un’ottica di benessere, favorevole alla prestazione.

 

Che cos’è la preparazione mentale e perché è importante nella performance sportiva?

È un allenamento mentale che, accanto a quello fisico, tecnico e tattico, permette all’atleta di ottenere il massimo rendimento con un’ottimizzazione delle risorse individuali o di squadra. Si utilizzano diversi strumenti e tecniche che variano anche in base al tipo di disciplina sportiva e alle caratteristiche dell’atleta.

La ritengo una componente fondamentale per una buona preparazione perché, come dicevamo, si lavora sia a livello comportamentale che emotivo e cognitivo facendo raggiungere all’atleta la piena consapevolezza delle proprie potenzialità e il loro migliore utilizzo. Agire sulle risorse per crescere, correggere e migliorarsi.

 

Su cosa si lavora durante un training con lo psicologo di riferimento?

Come detto prima considerando molteplici aspetti è un lavoro complesso e articolato. La differenza passa proprio da qui, dal considerare l’atleta e la disciplina nella sua totalità.
In generale si lavora sulla conoscenza di sé e sul senso di autoefficacia e autostima, sul consolidamento delle proprie abilità, sulla gestione dell’emotività e nello specifico di ansia e stress, sul controllo delle sensazioni di gara e sulla preparazione mentale della performance oltre che fisica e tecnica. Ci si può anche concentrare su un recupero delle potenzialità e della fiducia in esse dopo infortunio o dopo una sconfitta. Gli obiettivi sono molti e dipendono dalle richieste dell’atleta ma anche del contesto e dalle finalità.

 

Quanto è importante la definizione di un obiettivo nel raggiungimento dello stesso?

Direi estremamente importante. Un obiettivo è lo scopo che si vuole raggiungere e verso cui si canalizzano tutte le energie, dell’atleta e del suo team. È la meta, e quindi sapere dove vogliamo andare, che ci aiuta a definire i passi necessari per raggiugerla, e questi devono essere ben strutturati. È importante che siano stimolanti e raggiungibili: è giusto “alzare l’asticella” ma non dobbiamo farlo troppo o rischiamo di porre una meta troppo lontana che appare irraggiungibile e quindi scoraggiante.

È un po’ come partire sconfitti in partenza. Ma nemmeno troppo poco o rischiamo di non avere stimoli sufficienti con conseguente abbassamento della motivazione.

Un obiettivo ben definito, che tenga conto anche delle effettive possibilità e abilità, cercando di migliorarle è qualcosa che attiva e porta all’azione, migliora il senso di autoefficacia e fiducia in sé e nelle proprie possibilità. L’obiettivo a lungo termine è di solito “vincere” o migliorare i propri risultati, sul percorso però ci sono molti step da definire e superare. La performance è possibile quando riusciamo a raggiungere un insieme di tanti obiettivi.
Lo scopo principale ovviamente è sempre quello di crescere e migliorarsi.

 

Nel mondo sportivo, ma mi vien da dire non solo, si parla di “ansia da prestazione”. È davvero così negativa?

L’ansia è per definizione uno stato fisiologico che si attiva di fronte ad una minaccia o situazione di allerta. Tendiamo sempre a viverla male e a darle un’accezione negativa ma in realtà non è una nemica, anzi può essere la nostra più grande alleata.

Conoscerla e imparare a gestirla ci consente di mantenerla a dei “giusti livelli” che favoriscono un’attivazione ottimale: la giusta carica di adrenalina per una buona performance. Il problema è quando è eccessiva o al contrario troppo poca.  Uno stato di iperattivazione ci paralizza, spaventa e offusca la mente, quello di ipoattivazione invece un po’ di rammolisce…

Affrontare una competizione “semplice” ci attiva poco…magari portiamo a casa un risultato ma non avremo mai la nostra miglior performance. Quindi l’ansia è negativa solo se non siamo in grado di gestirla e di utilizzarla nel modo giusto.

 

Qualche piccolo spunto per imparare a gestirla?

Innanzi tutto bisogna imparare a conoscerla e diventarne consapevoli. E’ bene analizzare i segnali, riconoscerli e modificare la mentalità in un’ottica positiva. Poi ci sono delle piccole strategie che vanno apprese ed allenate come la respirazione diaframmatica, gli esercizi di rilassamento che consentono un riequilibrio neurovegetativo, o la visualizzazione che ci permette di immaginare la gara e vivere ogni passaggio dalla preparazione alla fine della competizione, in qualche modo la vivo prima e riesco a sentirmi più preparato e sicuro.

 

Cosa la appassiona nel lavoro con gli sportivi?

La performance! Senza dubbio la performance. Perché in un modo o nell’altro la loro prestazione diventa un po’ anche la mia. Mi appassiona il lavoro che faccio con loro per raggiungere un risultato, impostare gli obiettivi, i diversi passi necessari e il percorso per raggiungerli. Lavorare per step ed obiettivi è il motore della mia azione. La cosa più bella è il piacere che si ricava per il risultato raggiunto insieme.

 

Nel corso degli anni ha seguito anche atleti paralimpici, raggiungendo anche degli ottimi risultati: può raccontarci un episodio rilevante della sua esperienza?

Non so se è proprio rilevante ma per me è significativo e racchiude il senso del mio lavoro: quando ero all’università, durante la preparazione di psicologia dell’handicap e della disabilità, mi sono detta che io non avrei mai lavorato con i disabili, non so perché, ma non mi sentivo portata.
Anni dopo mi è capitato, un po’ per caso, di lavorare con atleti paraolimpici.

Un giorno parlando con un preparatore atletico di una atleta mi chiese che tipo di disabilità avesse.  Non fui in grado di rispondere, non ricordavo, non riuscire ad associare il suo essere in carrozzina una disabilità. Per me era solo una diversa abilità, un modo diverso di fare quello sport... Ed è questo quello che faccio: ricerco nello sport le sue specificità e in ogni atleta le sue caratteristiche, le sue “diverse abilità” e vado a lavorare su quelle. Non mi interessa che sia in carrozzina, mi interessa sapere che non potrà spingere con le gambe e che quindi il mio investimento sarà più sulla parte alta del busto. Vado a ricercare risorse e potenzialità! Questo è quello attorno a cui ruota il mio intervento e lo ritengo elemento centrale del mio lavoro e del progetto pensato per l’atleta.

 

Michaela Fantoni, psicologa e psicoterapeuta cognitivo comportamentale, è titolare del Centro Elpis Centro Multidisciplinare per il Benessere Psicofisico a (Ispra, Varese), docente, supervisore e membro del Comitato Direttivo AIAMC (Associazione Italiana di Analisi e Modificazione del Comportamento e Terapia Comportamentale e Cognitiva), Docente Asipse, scuola di Formazione in Psicoterapia cognitivo comportamentale, responsabile di equipe per la diagnosi DSA con accreditamento dall’ASL territoriale.

Da anni si occupa di Psicologia dello sport, è responsabile e docente nel Master in Psicologia dello Sport e alta specializzazione al De Michelis MindRoom,  svolge attività di formazione sportiva e preparazione mentale.

Ha lavorato con atleti olimpici e paraolimpici, da Pechino 2008 ad oggi ha sempre avuto atleti alle Olimpiadi, e stata componente della Commissione Sanitaria Federazione Italiana Canottaggio a Londra 2012. A Rio 2016 ha preparato atleti del Progetto AcquaRio, conquistando 7 medaglie alle paralimpiadi. Attualmente è Psicologa per la FINP, Federazione Italiana Nuoto Paraolimpico. Lavora con gli atleti sulla preparazione mentale.

 

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