Memoria autobiografica e identità: perché una pipa “non è una pipa”?

Ogni evento che ci accade vene registrato dalla nostra memoria come episodio autobiografico, emotivamente connotato e legato a specifici riferimenti spazio-temporali, che si tratti di esperienze vissute in prima persona o di fatti a cui si è semplicemente assistito. La memoria autobiografica raccoglie e integra tutte le esperienze riferite a noi stessi concatenando gli eventi e gli episodi della nostra storia in un’ insieme coerente di conoscenze che consentono la costruzione e l’integrazione del sé e della propria identità personale.

Memoria autobiografica e identità: perché una pipa “non è una pipa”?

Se vi si chiedesse di dire la prima cosa che vi viene in mente in relazione alla parola “albero” quasi sicuramente assocereste a questo concetto o idea generale immagini o ricordi legati in qualche modo alla vostra esperienza personale: una vecchia quercia visitata in un tranquillo luogo di vacanza, un gelso del quale da bambini assaggiavate i frutti gustosi o il platano che ad ogni primavera vi fa starnutire con i suoi pollini… Questo esperimento di associazione fu studiato per la prima volta da Francis Galton, il cugino di Charles Darwin, ed evidenzia quanto le nostre conoscenze anche concettuali sul mondo siano comunque organizzate secondo percorsi di significato legati alla nostra storia personale grazie appunto alla memoria autobiografica.

 

La memoria autobiografica e il sé

La memoria autobiografica organizza quell’insieme di conoscenze dichiarative riguardanti i fatti e gli episodi della vita personale secondo schemi e percorsi di significato, impliciti o espliciti, consapevoli o inconsci, con lo scopo di preservare una continuità e una coerenza del sé e dell’identità. La personalità può subire modificazioni nel tempo insieme alle contingenze di vita e alla molteplicità di ruoli man mano ricoperti nella sfera pubblica e privata: la memoria autobiografica fa sì che tutte queste diverse esperienze vengano unificate dalla consapevolezza di essere riferite a sé stessi e dotate di significati coerenti rispetto a quello che è il nucleo centrale della nostra personalità.

 

La memoria autobiografica è attendibile?

Per i motivi accennati sopra, l’organizzazione dei ricordi nella memoria autobiografica non segue linearmente e fedelmente l’asse cronologico degli avvenimenti, questo non è affatto un difetto ma una risorsa fondamentale per la coesione della nostra esperienza personale. Sul piano temporale alcuni episodi, anche lontani nel tempo, possono venir ricordati con molta più vividezza di fatti accaduti magari di recente che non hanno lasciato apparentemente tracce significative nella nostra memoria. I ricordi infatti non sono semplici archiviazioni di fatti accaduti, ma vengono rielaborati, integrati nelle conoscenze preesistenti su di noi, sul mondo e sulle relazioni e ulteriormente rimaneggiati col passare del tempo. Può darsi che nel corso degli anni cambi il modo con cui rievochiamo determinati eventi del passato che, alla luce dell’attuale presente, possono apparirci con una coloritura differente rispetto a prima.

 

Memoria autobiografica e costruzione di significati

La nostra memoria autobiografica è allora poco attendibile? In realtà siamo ineludibilmente attivi costruttori di significati di ciò che ci accade alla luce delle conoscenze pregresse, dei vissuti e dei sistemi sociali di significato a cui facciamo riferimento. Un famoso quadro di René Magritte dice provocatoriamente: “questa non è una pipa”… la sua rappresentazione, come i ricordi che suscita in chi la guarda, sono tanto diversi fra loro quanto diversi da una pipa “reale” …

 

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