La meditazione in psicoterapia: come integrarla

I benefici della meditazione sono ormai indiscussi e confermati anche dai moderni studi scientifici.
In che modo questa pratica può essere integrata e affiancata a percorsi psicoterapeutici?

La meditazione in psicoterapia: come integrarla

Numerose ricerche scientifiche hanno ormai da tempo dimostrato gli effetti benefici della meditazione su corpo e mente; inoltre in alcuni approcci psicoterapeutici si riscontrano affinità o feconde integrazioni della pratica meditativa alla cura del disagio psichico, fra i più noti esempi troviamo il Training Autogeno e la Mindfulness.

 

Meditazione e psicoterapia

Meditazione e psicoterapia possono sembrare pratiche apparentemente in contrasto, espressione della Cultura e del pensiero orientale la prima, derivato della scienza e della psicologia occidentale la seconda.

Là dove la meditazione insegnerebbe ad osservare e a trascendere pensieri e emozioni che agitano la mente per accedere ad un’evoluzione spirituale, la psicoterapia occidentale – almeno nella sua accezione più tradizionale - individuerebbe, proprio in quei contenuti mentali, il suo oggetto di studio e di intervento per la cura del disagio psichico.

Eppure, gli studi scientifici condotti negli ultimi anni nel campo delle neuroscienze e alcune delle moderne tecniche psicoterapeutiche hanno individuato una possibile integrazione fra queste due pratiche.

 

Psicoanalisi e meditazione buddista

Uno dei primi lavori sull’argomento rimane forse il libro curato da De Martino, Fromm e Suzuki “Psicoanalisi e Buddhismo Zen” che rappresenta un interessante esempio di confronto, dialogo e riflessione su differenze e possibili affinità fra meditazione e psicoterapia, per lo meno, se non nei mezzi, in alcune finalità e obiettivi che esse si pongono per lo sviluppo e la crescita dell’essere umano.

Disancorando la psicoterapia dalla mera cura sintomatologica del disagio psichico e ricontestualizzandola nel più ampio orizzonte della crescita personale e dello sviluppo del sé – cornice che risulta di fatto più pertinente proprio alla pratica analitica – psicoterapia psicoanalitica e meditazione buddista sembrano poter trovare fecondi punti di interlocuzione intorno all’idea, ritenuta centrale nel libro, che per entrambe la disidentificazione dai propri schemi patologici e ripetitivi rappresenti una via di liberazione e di crescita per la persona in direzione dello sviluppo delle proprie potenzialità più autentiche.

 

Psicologia e spiritualità: come si coniugano?

 

La psicologia Analitica e la spiritualità dell’uomo

Certo, pratiche meditative come lo Yoga o il Buddhismo Zen vantano tradizioni culturali e religiose millenarie alle proprie spalle, a differenza delle ben più “giovani” discipline psicologiche che dovrebbero il proprio sviluppo scientifico proprio al declino delle religioni e dei riti collettivi nel mondo occidentale moderno e individualista (Jung, C.G., Gli archetipi dell’inconscio collettivo, 1934/1954, trad. it., Boringhieri, Torino, 1977).

Tuttavia secondo la Psicologia Analitica di Jung, la psicologia non si pone necessariamente in antitesi alla religione e alla spiritualità, poiché in epoca moderna è a quest’ultima che l’uomo si rivolge per cercare il senso della propria esistenza.

La psicologia dunque, almeno in questa concezione, deve considerare di propria pertinenza l’atteggiamento religioso e la dimensione spirituale degli esseri umani, in quanto aspetti connaturati all’essere umano.

In tal senso, la Psicologia Analitica è la scuola psicologica che più di altre ha integrato il discorso religioso e spirituale – che permea la meditazione orientale – nella psicologia cui competerebbe la funzione di integrare, nell’uomo, le due polarità della dimensione individuale e collettiva dell’esperienza.

 

Il Training Autogeno: lo Yoga occidentale

Al di là delle grandi Scuole di pensiero che hanno dominato gli esordi della psicoterapia e della psicoanalisi, un’integrazione fra psicoterapia e meditazione è individuabile anche in alcune tecniche applicate come modelli di intervento psicoterapeutico a sé stanti o in integrazione con altri tipi di intervento psicologico.

In primo luogo il Training Autogeno che, seppur non creato con la deliberata intenzione di integrare la pratica psicoterapeutica con la meditazione, trova con quest’ultima interessanti punti di contatto tanto da essere stato ribattezzato lo “Yoga occidentale”.

Nel Training Autogeno, infatti, si accede ad uno stato definito di “concentrazione passiva”, ovvero di attenzione rilassata e non giudicante sul proprio respiro e le altre attività corporee mantenedosi come dei semplici osservatori, come degli spettatori a teatro, di quanto accade in sé stessi.

Questo consente di raggiungere uno stato di profondo rilassamento e calma mentale da cui è possibile accedere – nel Training Autogeno Superiore e nella psicoterapia autogena - alle immagini e a quei contenuti inconsci della propria mente che sono più vicini e in sintonia con la propria realtà più autentica e con le potenzialità più profonde della propria psiche.

 

La Mindfulness: psicoterapia e meditazione buddhista

Ultima, ma non certo per importanza, la Mindfulness, tecnica terapeutica di più recente definizione che integra meditazione buddista e psicoterapia cognitivo-comportamentale.

Questa tecnica deve le sue prime concettualizzazioni a Jon Kabat-Zinn, primo psicologo a metterla a punto. La Mindfulness utilizza la presenza mentale e l’osservazione non giudicante – proprie della meditazione buddista – applicandole alla psicoterapia, inserendo una serie di tecniche “laiche” da impiegare nella cura del disagio psichico, questo in una convinzione di fondo positiva dell’essere umano – in comune con la dottrina buddista – come portatore di un potenziale di salute presente in ognuno di noi.

 

Psicologia e meditazione nella ricerca di una spiritualità laica