Il pensiero scientifico: amico o nemico?

Il pensiero scientifico è un modo di ragionare che si discosta dal pensiero quotidiano. Karl Popper ne ha delineato le caratteristiche che vigono nell'epoca contemporanea ed è giusto, prima di usarlo, comprenderne i meccanismi e i limiti di applicazione.

Il pensiero scientifico: amico o nemico?

Una delle grandi illusioni della psicologia ingenua che gratifica ognuno di noi riguarda la nostra capacità di pensare in modo assolutamente razionale. D'altronde l'essere umano non ha prevalso sulla Natura grazie al proprio cervello? In realtà non è proprio così; il ragionamento logico è faticoso e costoso cognitivamente e quindi spesso usiamo delle scorciatoie cognitive, una razionalità limitata per risparmiare tempo e fatica. Esistono quindi modi di pensare lontani dalla logica quotidiana che possono essere difficili da cogliere; questo può essere il caso del pensiero scientifico che tanto ci gratifica quando ci offre una soluzione appagante ai nostri problemi, ma che a volte è ostico perché non ne comprendiamo le dinamiche sottostanti.

 

Il pensiero scientifico contemporaneo

Il pensiero scientifico nasce con il metodo scientifico di Galileo Galilei; ovviamente si tratta di un modo di ragionare estremamente condizionato dal periodo storico, quindi oggi ha più senso parlare della prospettiva contemporanea che vede nel filosofo epistemologo Karl Popper il suo più importante promulgatore.

Secondo Popper la scienza non può concedersi il lusso di progredire cercando delle conferme alla proprie ipotesi, bensì sforzandosi di trovare quelle condizioni in cui la teoria non funziona. Il pensiero scientifico è un pensiero che funziona per falsificazione! Perché? Perché non bastano centinaia di conferme per essere certi che la propria ipotesi funzioni, mentre una sola disconferma basta per far crollare la tesi più affascinante. Se dovessimo confermare l'ipotesi che tutti i cigni sono bianchi, non basterebbero mille vite, in quanto dovremmo girare il mondo per controllare tutti i cigni presenti e nel frattempo ne nascerebbero e ne morirebbero esemplari che non potremmo controllare. Viceversa un solo cigno nero disconferma la nostra ipotesi: questo ragionamento è valido per ipotesi concrete e astratte come nel campo della cognizione sociale.

 

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I limiti del pensiero scientifico

Ovviamente anche la scienza ha dei limiti che vanno compresi per usare al meglio il pensiero scientifico e che non possono essere ignorati dallo psicologo o da chi voglia comprendere il reale significato di una ricerca:

- ammettere la propria ignoranza quando non vi sono prove per confermare i propri dati (e a volte le proprie speranza di scoperta),

- accettare i dati incoerenti che creano una contraddizione: spesso si tende a costruire complesse giustificazioni, ma le spiegazioni semplici sono preferibili anche se contemplano l'errore;

- vagliare i dati incompleti: spesso i fenomeni indagati sono complessi e non è possibile studiarli nel loro insieme. Meglio circoscrivere il fenomeno e indagarlo approfonditamente piuttosto che elaborare ipotesi che cercano di spiegare troppo, ma in modo incompleto.

 

Una piccola riflessione

A partire da queste premesse il pensiero scientifico non vuole apparire come amico o nemico, ma come strumento che va compreso per essere usato e giudicato. Un caso che sta interessando l'opinione pubblica in questi giorni: il caso Stamina. Non vorrei condizionare eccessivamente l'opinione di chi legge, anche perché lo spazio non sarebbe sufficiente, ma per farvi un'idea della solidità o meno di questo metodo vi propongo un piccolo esercizio, ovvero di sottoporlo all'esame dei limiti sopradescritti a partire dalle affermazioni del suo inventore:

- Perché il metodo funziona? E' chiaro il suo meccanismo?

- I dati che sono stati forniti sono completi?

- I dati che emergono sono coerenti e semplici?

Buon esercizio di pensiero scientifico!

 

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