Il bias attentivo, meccanismo di autodifesa?

Il bias attentivo è un processo cognitivo che ci porta a considerare, analizzare e controllare tutti gli stimoli che potenzialmente sono minacciosi. La sua presenza nel quotidiano non lo rende un meccanismo del tutto inoffensivo a causa del suo legame con gli stati d'ansia.

Il bias attentivo, meccanismo di autodifesa?

Il bias attentivo, come le euristiche, è un meccanismo cognitivo che ci permette di elaborare un gran numero di informazioni senza perdere troppo tempo.

Come ogni bias consiste in una sorta di scorciatoia che ci evita di elaborare ogni singola informazione in entrata, ma può causare qualche errore. Il bias attentivo è presente nella vita quotidiana, agisce senza che ce ne accorgiamo, ma in alcune patologie è presente a livelli più alti.

 

Cos'è il bias attentivo?

Quando dobbiamo prendere una decisione spesso riteniamo sia giusto e assennato prendere in considerazione tutte le possibili alternative per dare una valutazione approfondita e quindi fare la scelta giusta e è questo che raccontiamo anche quando spieghiamo a qualcun'altro come siamo giunti a quella decisione.

In realtà però, è più probabile che ci focalizziamo solo alcune possibilità, anzi su poche, ignorando le altre. Tale comportamento, assolutamente naturale, sano ed economico è il bias attentivo.

Ma quali sono le alternative "preferite"? Esiste una tendenza a prestare maggiore attenzione agli stimoli spiacevoli e minacciosi, lasciando sullo sfondo quelli che suscitano emozioni positive.

Molti sono stati gli studiosi che hanno cercato di dare una spiegazione a tale preferenza. La prospettiva evoluzionista secondo cui tale bias sia utile per la valutazione immediata delle minacce è tra le più gettonate.

 

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Il bias attentivo come meccanismi quotidiano

I bias cognitivi non sono imperfezioni, bensì meccanismi semplificati che però sono utili nel quotidiano e nella vita di ogni giorno è utile avere una via privilegiata per elaborare quelle informazioni che possibilmente possono nuocere l'individuo.

In letteratura gli studi sono molteplici e hanno individuato molti processi attentivi che usiamo ogni giorno che vengono "colpiti" dal bias. Le informazioni minacciose vengono riconosciute con maggiore rapidità e richiedono anche un più nutrito insieme di energie/risorse per essere elaborate. Per il soggetto è anche più difficile distogliere l'attenzione da ciò che viene considerato minaccioso per cui la loro presenza intralcia, per così dire, l'esecuzione di altri compiti che non possono attingere a tutte le risorse.

Ovviamente non solo l'attenzione viene colpita, ma anche (come introdotto all'inizio) il processo decisionale. Stimoli paurosi o minacciosi impediscono di considerare equamente tutte le possibilità a sua disposizione. Se ciò può sembrare ragionevole a prima vista, proviamo a pensare alle conseguenze nei casi di fobie o di patologie che individuano in stimoli apparentemente innocui un nemico, portando così il soggetto a delle scelte a prima vista meno comprensibili.

 

Il bias nelle patologie

Sebbene il bias attentivo sia parte della normale funzionalità cognitiva dell'individuo esso è anche presente in alcune patologie. Il bias attentivo ha un forte legame con l'ansia.

Autori esperti del tema come Mathews e MacLeod hanno trovato che alla presenza di molti stimoli i soggetti con un elevato livello di ansia prestano maggiore attenzione a stimoli minacciosi e sono altresì più propensi a considerare pericolosi eventi/stimoli ambigui. Il bias attentivo è quindi presente in tutti i disturbi che concernono un alto livello di ansia, contribuendo alla sua nascita e anche al suo mantenimento nel tempo.

Le ricerche evidenziano, in particolare, il suo ruolo nei seguenti disturbi: disturbo d’ansia generalizzato, al disturbo post-traumatico da stress, a quello ossessivo compulsivo, alla fobia sociale e fobia specifica.

 

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