L’omofobia a scuola: come prevenirla?

L’omofobia a scuola è da tempo al centro delle cronache e delle polemiche che infiammano l'ambiente scolastico: da un lato la sessualità sembra ancora un tabù fra studenti e insegnanti, dall’altro è proprio la diversità sessuale a muovere i più feroci episodi di bullismo. Una contraddizione della società stessa in cui viviamo.

L’omofobia a scuola: come prevenirla?

L’omofobia a scuola è un argomento spinoso, scomodo, politicamente quasi “scorretto” perché fra tutte le forme di discriminazione quella omofobica ci costringe a fare i conti con quelli che sono i nostri stessi pregiudizi sulla diversità, la sessualità e gli stereotipi di genere.

Pregiudizi e stereotipi culturali che si riflettono, amplificandosi e radicalizzandosi nelle forme di disagio adolescenziale, nella scuola stessa.

L’omofobia a scuola sembra, in altre parole, riflettere anzitutto il limite degli stereotipi legati all’identità di genere eterosessuale che vorrebbero “maschi” e “femmine” confinati in cliché ben distinti.

 

Omofobia e sessismo dalla politica ai banchi di scuola

Mi capita spessissimo di assistere a qualche dibattito o trasmissione televisiva, anche condotta con competenza e capacità, e sentire immancabilmente appellare l’attuale cancelliere della Germania, capo del governo tedesco quindi, come la “signora” Merkel. Avete mai sentito accadere la stessa cosa con il capo di un governo di sesso maschile? Che so, il “signor” Hollande? Non credo.

Che c’entra, direte voi, tutto questo con la questione dell’omofobia a scuola, con quei ragazzi o ragazze vittimizzati e scherniti in quanto omossessuali e quindi ritenuti non completamente degni di essere né “signori” né “signorine”?

Apparentemente nulla, o forse, andando al di là delle apparenze, molto più di quel che si crede.

 

Su questo argomento leggi anche Sesso e genere: due aspetti dell'identità

 

 


Stereotipi di genere e omofobia

Non importa se si ricopre una delle cariche politiche e istituzionali più importanti del proprio Paese, se si è sul posto di lavoro o sui banchi di scuola, quel che conta è se si è “maschi” o “femmine”, perché questo, a quanto pare, sembra indurre – è triste constatarlo – a rapportarsi diversamente nei confronti dei due sessi.

Essere donna, a quanto pare, è il pretesto per essere comunque svalutate, oggettivizzate, ricondotte invariabilmente e stereotipalmente a ruoli “familiari”, “domestici” o ridotte a oggetti sessuali. Donne in quanto passive, materne, accudenti, emotive o oggetti sessuali dunque; uomini in quanto detentori di aggressività, forza, competitività e razionalità.

Questi stereotipi di genere sono pervasivi in ogni espressione sociale fin anche nelle preferenze e gusti alimentari.

L’omofobia esprime l’incapacità di rapportarsi all’identità omosessuale, che in quanto tale mette radicalmente in discussione questi stereotipi. Quel che accade nella scuola è spesso l’eco dell’incapacità dell’attuale e società di concepire modi di essere uomini e donne - anche eterosessuali - più sfumati e complessi e meno appiattiti su cliché sessisti e riduttivi.

 

Il bullismo a scuola

Se l’omofobia a scuola non è un problema solo della scuola, ma del più ampio contesto sociale in cui la scuola è inserita e che riflette in essa i suoi limiti e le sue contraddizioni; le espressioni che l’omofobia assume nell’ambiente scolastico con atti ed episodi di bullismo, sono pure da considerare all’interno del contesto relazionale e sociale in cui avvengono.

Le vittime di bullismo a scuola sono coloro che appartengono a qualche minoranza, che si distinguono per l’essere diversi in qualcosa dai loro pari: non partecipare ad uno sport, essere portatori di disabilità e, più di tutte, non corrispondere a cliché stereotipati di genere maschile e femminile.

Apparire maschi troppo effeminati, o ragazze troppo mascoline per gli standard finti e patinati imperanti, o essere, appunto, omosessuali. E’ in virtù di questa “diversità” che le vittime vengono emarginate, schernite, fatte oggetto di atti intimidatori, prevaricatori e violenti con il deliberato intento di offendere, danneggiare e umiliare la vittima portatrice di una “diversità” – sia essa omo o etero sessuale – che fa paura.

Fa paura agli aggressori, fa paura al gruppo classe che non ha il coraggio di intervenire, fa paura prima ancora al contesto sociale che trasmette stereotipi semplificati e svalutanti di “maschio” e “femmina” che gli adolescenti non possono che non riconoscere completamente in sé stessi, siano essi etero o omosessuali (Gusmano, B., Mangarella, T., Di che genere sei?, Meridiana, 2014).

 

Gli omofobi sono sempre gli “altri”?

In questo senso la questione dell’omofobia a scuola ci riguarda tutti e ci chiama tutti in causa; quanto siamo disposti a riconoscere e accettare anzitutto la diversità in noi stessi, ad andare oltre gli stereotipi e a riconoscerci, e quindi a riconoscere agli altri, il diritto di amare e lavorare, emozionarci e competere per la realizzazione professionale, piangere e imporre il proprio punto di vista a prescindere che si sia uomini o donne, omosessuali o eterosessuali?

 

In cosa consiste l'omofobia interiorizzata?