Le stanze della rabbia: sono davvero efficaci?

Le stanze della rabbia sono, a quanto pare, l’ultima frontiera delle tecniche antistress: si prenota, si indossano le protezioni, si sceglie la propria play list e… Si spacca tutto! Il benessere è assicurato… O forse no?

Le stanze della rabbia: sono davvero efficaci?

Pacchetti dai 20 ai 60 euro che comprendono bicchieri, piatti, bottiglie, ceramiche e un numero variabile di oggetti di grandi dimensioni come mobili o elettrodomestici… Vestiti di caschetti e altre protezioni non resta che imbracciare mazza o piede di porco, azionare la propria play list preferita e il gioco è fatto: 15-30 minuti di pura devastazione nelle stanze della rabbia in cui dar sfogo a tutta la collera che si possiede.

Gli effetti di questa, è proprio il caso di dirlo, “terapia d’urto” sono assicurati: sfogare la rabbia lascerà un piacevole stato di relax e risulterà addirittura divertente!

È proprio così?

 

Spaccare tutto può farci stare peggio…

Ideate per la prima volta in Giappone, le stanze della rabbia si sono poi diffuse negli Stati Uniti fino ad arrivare in Italia dove è possibile trovarle ad esempio a Forlì, Milano e Roma.

Stando alle testimonianze sembra che il metodo funzioni, almeno nell’immediato… Ma, cosa avviene dopo?

Se lo era già domandato Brad J. Bushman (2002), ricercatore della Iowa State University che aveva reclutato un gruppo di 600 studenti universitari con l’intento di scoprire se la via della “catarsi” emozionale, dello sfogo “agito” della rabbia, rappresentasse un metodo valido per aiutare le persone a gestire questo stato emozionale. I ragazzi coinvolti per lo studio erano stati tutti sottoposti ad un’esperienza frustrante a seguito della quale, ad alcuni era stata stata data occasione di sfogare la propria rabbia tirando pugni su un pungiball; ad altri era stato proposto lo stesso pungiball, ma con lo scopo di fare dell’esercizio fisico; ad un terzo gruppo, infine, non era stata proposta alcuna attività. A tutti era stato poi somministrato un test in cui veniva chiesto di valutare il proprio livello di rabbia.

Ebbene, contrariamente alle aspettative, solo i ragazzi del terzo gruppo, quelli che non avevano modo di “sfogarsi”, avevano riferito un’attenuazione dei propri stati d’animo. Gi altri, invece, avevano riportato un aumento di frustrazione e risentimento.

Sfogare la rabbia e distruggere tutto – come nelle stanze della rabbia - porta sollievo nell’immediato ma successivamente sembra peggiorare le cose...

 

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Stanze della rabbia: “Con chi ce l’hai?”

Dunque, che decidiate di accontentarvi di frantumare 3 o 4 bottiglie o che scegliate un pacchetto “deluxe” che metta a vostra disposizione i mezzi per fare a pezzi un intero tavolo o una lavatrice, sappiate che con molta probabilità la sensazione di sollievo sarà solo temporanea e potrebbe svanire già quando vi sarete sfilati il caschetto e avrete ritirato su chiavetta usb il video della vostra “impresa” (ebbene sì, anche questo fa parte del pacchetto!).

Ma perché accade questo?

In primo luogo perché la rabbia può spostarsi, migrare, direzionarsi su persone o oggetti diversi anche molto lontani da ciò che l’ha originariamente provocata (magari è il vostro capo e non potete certo aggredirlo!). Grazie a questo fenomeno di spostamento, dunque, la rabbia può essere indirizzata o verso se stessi o su un altro bersaglio...   

Non potendovela prendere col vostro capo, magari vi infurierete con un vostro amico o un familiare per una piccola banalità o perderete le staffe durante il ritorno a casa a causa di un automobilista che non rispetta la precedenza… E non è detto che siate sempre consapevoli di questi meccanismi di spostamento, più la rabbia è “cieca” e meno sarete consapevoli del vostro stato; potrebbero essere gli altri piuttosto a farvi notare che le vostre reazioni sono sproporzionate…

Se siete persone solitamente riflessive e pacate potreste allora riuscire a calmarvi e ritornare indietro con la mente riconoscendo che la vera causa del vostro stato di frustrazione era il vostro capo, non il vostro amico, né l’incauto automobilista che non ha rispettato il codice della strada.

Se siete meno capaci di gestire l’aggressività può darsi invece che continuerete ad essere dominati dall’impulsività. Stanze della rabbia o no, i costi emotivi di questo atteggiamento potrebbero rivelarsi alla lunga piuttosto alti per la salute delle vostre relazioni

 

La collera che annebbia la mente

Il motivo per il quale le stanze della rabbia, in linea con lo studio prima citato, potrebbero avere un effetto paradosso risiede nella differenza fra rabbia, collera e aggressività e nel concetto di regolazione emotiva.

La collera identifica una rabbia violenta e agita, uno stato d’animo in qualche modo alterato, nel quale la persona non è lucida, non riesce a pensare, ma dà libero sfogo alla sua aggressività mediante azioni o parole distruttive. È esattamente quello che le stanze della rabbia incoraggiano a fare: a trasformare la rabbia in collera.

Diversamente, la rabbia come emozione primaria, se gestita con consapevolezza, rappresenta un’emozione profondamente adattiva perché fornisce la motivazione ad agire per superare ostacoli e difficoltà e tutelare i propri interessi o quelli delle persone che ci stanno a cuore; in altre parole: non è necessariamente distruttiva, si può anche imparare a litigare bene!

 

Rabbia e regolazione emotiva

Per poter utilizzare costruttivamente la rabbia occorre poterla modulare grazie ad un’adeguata regolazione emotiva: percepire e esprimere gli stati emotivi senza esserne “accecati” o travolti. In altre parole: poter vivere l’emozione rabbiosa mantenendo la capacità di pensare a quanto sta accadendo. Questo non solo eviterà di sfogarsi col primo che capita, ma consentirà anche di gestire costruttivamente la situazione nel proprio e altrui interesse.

Per poter far questo occorre modulare la rabbia, non amplificarla spaccando tutto (mentre spaccate una lavatrice il vostro cervello vivrà probabilmente una sorta di balck out: non sarete in grado di pensare, né di attingere alla rabbia che provate per risolvere il problema che l’ha generata).

Un esempio di questo è nella proverbiale scena di Terapia e pallottole (1999) in cui il dottor Ben Sobel, uno psicoanalista ingaggiato da un boss mafioso, prova ad aiutare il suo improbabile paziente a gestire la rabbia con risultati tanto dubbi quanto esilaranti.

 

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Foto: Katarzyna Białasiewicz / 123rf.com