Chirurgia estetica e sindrome di Down

Sono eticamente ammissibili interventi di chirurgia estetica per modificare alcuni dei tratti somatici caratteristici della sindrome di Down? Non secondo il Comitato Nazionale di Bioetica; questa pratica, criticata come invasiva e di dubbia utilità, continua a suscitare molti dubbi e polemiche. “Correggere” i tratti somatici di una disabilità porta reali vantaggi per la persona o esprime piuttosto la difficoltà del suo stesso ambiente familiare e sociale ad accettarla?

Chirurgia estetica e sindrome di Down

Correggere tramite la chirurgia estetica i tratti somatici della sindrome di Down è una pratica diffusa non solo all’estero ma, in qualche caso isolato, anche in Italia. A tal proposito il Comitato Nazionale di Bioetica ha recentemente espresso parere contrario a tali interventi, invasivi e sproporzionati rispetto ai benefici ottenibili riguardanti solo alcuni dei tratti somatici della trisomia 21 senza altri vantaggi per la salute.

 

La chirurgia estetica per arginare le discriminazioni?

Secondo i casi riportati dalle cronache, alcuni genitori di bambini con sindrome di Down riterrebbero la chirurgia estetica un vantaggio per il futuro inserimento sociale dei loro figli perché li metterebbe al riparo da possibili discriminazioni ed esclusioni dovute al loro aspetto fisico. Si tratta tuttavia di interventi molto invasivi, a carico per lo più del volto e sui quali spesso gli stessi pazienti non possono dare il proprio pieno consenso o perché ancora bambini o per i limiti della disabilità intellettiva che caratterizza, in grado variabile, la stessa trisomia 21.

 

Un figlio con sindrome di Down

Crescere un figlio con sindrome di Down è una realtà difficile con la quale molti genitori si trovano ad impattare davvero solo alcuni anni dopo la diagnosi, quando il bambino crescendo inizia a manifestare con più evidenza i tratti e le caratteristiche fisiche e mentali della trisomia. Senz’altro la società odierna impone barriere fisiche, psicologiche e sociali spesso enormi e inique  alle persone disabili, una persona tuttavia non si identifica con la propria disabilità, le cui conseguenze non sono predeterminate ma modulate a seconda del contesto di vita socio-relazionale, educativo e affettivo in cui si trova a crescere.

 

Interventi riabilitativi per la sindrome di Down

I recenti indirizzi terapeutico-riabilitativi nei casi di Sindrome di Down e di disabilità intellettiva in generale tendono a proporre un approccio non più centrato sul “deficit”, ma sulle risorse personali e sociali e i possibili meccanismi di compensazione che il soggetto può sviluppare per ottimizzare l’adattamento al contesto e la sua qualità della vita. Le stesse possibilità di socializzazione, rieducazione e riabilitazione possono, se opportunamente e precocemente attivate, fare molto la differenza sullo sviluppo delle dimensioni cognitive e di personalità dei bambini con sindrome di Down.

Scrive Simona Atzori nel suo libro Cosa ti manca per essere felice? (Mondadori, 2011):Ci identifichiamo sempre con quello che non abbiamo, invece di guardare quello che c'è…”

 

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