Le nostre badanti e la sindrome d'Italia

Sindrome d'Italia, non è nostalgia del Bel Paese ma un malessere psicologico e fisico che colpisce tante di quelle donne che giungono in Italia per lavorare come badanti o colf.

Le nostre badanti e la sindrome d'Italia

Accudiscono i nostri anziani, si prendono cura delle nostre case, assistono gli infermi fino alla fine della loro vita. Molte di loro vengono dai Paesi dell’Est Europa in cerca di un lavoro volto a mantenere i propri famigliari nei Paesi d’origine. Le mansioni più comune sono quelle di colf e badanti, che spesso portano a ritmi di lavoro pesanti, molte responsabilità e grosso carico.

Recentemente si è osservato l’insorgere di un malessere in queste donne specialmente al rientro a casa, ma non solo: la Sindrome d’Italia.

 

Cos'è la Sindrome d’Italia

Termine coniato nel 2005 da due psichiatri di Kiev per indicare uno stato di malessere psicologico e fisico che colpiva le donne di ritorno in patria a seguito di un periodo di permanenza lavorativa in altri Stati europei, uno dei maggiori è proprio l’Italia. Studi recenti hanno mostrato una grande insorgenza di questa condizione che è caratterizzata, tra altri, da sintomi ansiosi e depressivi, grande stress, affaticamento, mancanza di sonno eccessiva, insonnia, apatia, astenia fisica e psichica e difficoltà di concentrazione.

Questa condizione talvolta insorge già durante il periodo di permanenza all’estero e sì accentua al ritorno in patria, altre volte si manifesta in seguito al rientro dove il ripristino del proprio posto in famiglia, delle relazioni, degli affetti e di una posizione sociale e lavorativa diventano fonte di forte frustrazione e fatica, incrementando il malessere e influenzando il riadattamento.

 

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Sindrome d’Italia: fattori scatenanti

Come ogni altra patologia psicologica e psichiatrica, è difficile individuare cause univoche e generali, tuttavia gli studiosi individuano alcuni fattori che potrebbero essere preponderanti. Il primo fra tutti è la lontananza da casa e dagli affetti che genera uno stato di sofferenza e tristezza, accompagnato dalla paura del nuovo Paese con una cultura, tradizioni e lingua differente, il senso di solitudine e la mancanza di punti di riferimento. 

Inoltre, da sottolineare sono i ritmi di lavoro pesanti, poiché si tratta spesso di una cura costante di anziani o altri individui, spesso scarsamente autosufficienti e richiedenti di molte attenzioni e cure. L’assenza di tempo libero per sé, la necessità di essere sempre presenti e responsivi alle esigenze del “datore di lavoro” o persona curate, richiedono una grande attivazione e dispendio di energia, spesso con l’impossibilità di recuperare con momenti di stacco e riposo. 

Infine, la scarsa considerazione del ruolo prezioso di queste donne a livello sociale e assistenziale incrementa il malessere e l’insieme di sensazioni negative vissute da queste lavoratrici. Questi e molti altri, come la derisione, la pressione psicologica e lo scarso riconoscimento economico, sono solo alcuni dei fattori da considerare nella cura e prevenzione della Sindrome d’Italia.

 

Sindrome d'Italia: non solo le donne

Accanto alla sofferenza di queste donne, si anima quella dei famigliari: mariti, figli e famiglie di origine che subiscono il distacco per lunghi anni, sentendo la mancanza e la tristezza dell’assenza.

Mariti che spesso lasciano le mogli o approfittano della loro lontananza fino a situazioni di separazione e divorzio, ma anche mariti che soffrono e vivono forti stati depressivi e fatica ad accettare l’assenza. Figli che vivono uno stato d’abbandono, specialmente se a lasciare il Paese sono entrambi i genitori, spesso senza mai avere la possibilità di ricongiungersi ai proprio cari.

Sono bambini che vedono la mamma partire, spesso ancora molto piccoli, senza avere la possibilità di sentirla costantemente, vederla e avere qualsiasi forma di contatto con lei, con difficoltà a riavvicinarsi al suo ritorno a casa. La sofferenza quindi non sé solo delle donne ma di chi con loro vive la difficoltà del distacco e allontanamento ma anche del ritorno in patria.  

 

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 Foto: Alexander Raths / 123rf.it