Come ci vediamo allo specchio?

Vedersi allo specchio è una questione tutt’altro che oggettiva perché l’immagine che percepiamo riflessa davanti a noi è filtrata attraverso le nostre personali interpretazioni e l’idea che abbiamo di noi. In media arriveremmo a considerarci meno attraenti anche del 20% rispetto a come ci vedono gli altri trasformando lo specchio in un informatore menzognero.

Come ci vediamo allo specchio?

Vedersi allo specchio non significa osservare una semplice immagine riflessa per come oggettivamente e concretamente appare.

“E cos’altro potrebbe essere?” direte voi… Beh diciamo che una buona percentuale di ciò che vediamo è il risultato dei nostri vissuti e nelle nostre rappresentazioni mentali.

Questioni tutt’altro che tangibili dunque in grado di determinare però gran parte della presunta “oggettività” di ciò che vediamo…

 

Vedersi allo specchio: l’immagine di sé

Maxwell Maltz era un chirurgo plastico che negli anni  ’60 fece uno studio su come i suoi pazienti riuscivano a vedersi allo specchio dopo un intervento (Psycho-Cybernetics: A New Way to Get More Living out of Life, 1960).

Ciò che indusse Maltz a provare interesse per la questione fu un fenomeno, apparentemente curioso, che egli osservava frequentemente in una certa quota dei suoi pazienti.

Quando un intervento rimuoveva una cicatrice preesistente rendendola non più visibile non sempre le reazioni di queste persone, nel vedersi allo specchio successivamente, erano congrue con il nuovo aspetto che avevano assunto.

Accanto ad una quota di pazienti che si percepivano differenti e si dichiaravano soddisfatti del proprio aspetto estetico, ve ne era un’altra infatti che, nonostante la oggettiva scomparsa delle cicatrici, non riusciva a “non vederle”.

Gli studi di Maltz giunsero alla conclusione che i pazienti difficilmente riuscivano a vedere una nuova immagine se quella difettosa e con le cicatrici continuava a corrispondere alla propria immagine corporea (Schilder, Immagine di sé e schema corporeo, 1935) ovvero a ciò che percepivano di essere, al vissuto psicologico del proprio corpo.

Se tale immagine era integrata e consolidata nella loro identità, questi pazienti non riuscivano a modificarla sulla base di un semplice stimolo esterno (vedersi allo specchio senza cicatrice).

 

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Vedersi allo specchio: quel 20% che peggiora le cose

Quanto la percezione soggettiva che abbiamo di noi stessi e il nostro personale modo di valutarci influenzi ciò che vediamo è illustrato anche da un altro studio più recente.

The beauty Prescription è un libro edito da McGraw-Hill che riporta le conclusioni di un studio effettuato da Debra Luftman e Eva Ritvo, rispettivamente medico estetico e psichiatra, sul modo che hanno le donne di vedersi allo specchio e di notare ogni loro difetto.  

La loro indagine ha messo in evidenza quanto, nel guardare la propria immagine, queste donne fossero molto più severe con sé stesse che con altri, si concentrassero su ogni minimo dettaglio perdendo la percezione globale della loro figura e arrivando a considerarsi meno attraenti anche del 20% rispetto a come mediamente le avrebbero considerate le altre persone.

 

Vedersi allo specchio: recuperare l'autostima

I due medici notarono infatti che queste pazienti, sia che chiedessero un trattamento estetico, sia che chiedessero un intervento psicologico – erano accomunate dai medesimi problemi di bassa autostima, insoddisfazione corporea e preoccupazione per quelli che ritenevano essere difetti fisici inaccettabili.

I due Autori si resero conto infatti che le preoccupazioni estetiche della loro pazienti erano solo in apparenza banali, ma esprimevano un’insoddisfazione e una frustrazione psicologica che era riferita piuttosto al piano emotivo e relazionale.

Il loro obiettivo era, in ogni caso, quello di sentirsi meglio con sé stesse e con gli altri. Da qui è nato il loro programma integrato che prevede interventi mirati non solo alla fisicità ma anche al recupero dell’autostima. La bellezza dunque è tutt’altro che una questione di vanità e non riguarda la sola dimensione corporea…

 

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