Accettare i propri limiti

Cosa significa accettare i propri limiti? Perché ci dovrebbe essere utile sapere e riconoscere fin dove ci possiamo spingere?

Accettare i propri limiti

Accettare i propri limiti non è sicuramente uno degli slogan più diffusi attualmente; nella società dell’On Demand, tutto deve essere tagliato su misura, anzi possiamo avere tutto senza rinunciare a niente.

Forse lo stesso concetto di limite viene sempre inteso  in senso negativo, ma esso presenta diversi lati.

Anzi può fungere da guida verso tutto ciò che ci più facilmente ci può rendere felici!

 

Il primo limite: l’altro

L’incontro con l’altro è il primo limite con cui dobbiamo imparare a confrontarci. Lo sanno bene i bambini che vengono al mondo senza conoscere nient’altro che la loro volontà. Ben presto sapranno che per avere cibo dovranno chiedere, che per avere attenzioni dovranno aspettare e che per ottenere certi giochi dovranno condividere.

Eppure è proprio nel riconoscere il limite che è l’altro che si scopre il sé individuale: quanto siamo pazienti, quanto irruenti, quanto socievoli, ecc.

Tanto più viene accettata la presenza di un altro e dei suoi desideri, tanto più i nostri limiti diventano evidenti, ma solo se accettati possono essere davvero superati.

Conoscendo qualcuno approfondiamo il limite della nostra volontà, cioè fino a dove possiamo spingerci, cosa poter richiedere all’altro in modo da essere entrambi soddisfatti e soprattutto senza cadere in una relazione sbilanciata.

 

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Educare è segnare un limite

Molti bambini non conoscono limiti oggi. L’educazione che prima era basata su regole precise e limiti invalicabili, ma oggi i genitori si focalizzano sull’affettività, la comprensione e l’accettazione dei propri figli.

Nulla di male se non si cade sull’estremo, cioè la scarsa capacità di porre dei limiti:

> Un limite alla loro bravura è un chiaro segnale che il loro talento è un altro.

> Un limite alle loro richieste è un modo per fargli apprezzare davvero ciò che hanno.

> Un limite in famiglia li aiuta a gestire le relazioni esterne.

 

Tracciare un limite

Tracciare un limite, insomma, non è l’accettazione di una sconfitta, bensì è stabilire il proprio territorio, comprendere dove sono situati i propri punti di forza.

Il confine immaginario di chi siamo e cosa sappiamo fare, non significa costruire delle barriere, considerare le proprie sfide con consapevolezza.

L’autoefficacia, cioè la percezione delle proprie capacità nello svolgimento di un compito, è associata alla sperimentazione del limite. Sapere che ci stiamo cimentando in compiti o attività fuori dai nostri limiti ci permetterà di bilanciare un insuccesso senza ricadute eccessive sulla propria autoefficacia.

Una bassa autoefficacia non è solo un indicatore di performance, ma  ne diventa predittore e soprattutto avrà delle ricadute sull’autostima generale.


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