L’area transizionale dell’atto creativo

Esiste uno spazio di creazione e produzione per l’essere umano che s’interpone tra la realtà soggettiva e oggettiva. L'area transizionale: uno spazio potenziale tra individuo e ambiente che permette all’uomo di sviluppare un’autonomia riflessiva cogliendo la libera opportunità che ognuno di noi ha di dare un nuovo e personale senso alle proprie esperienze e al mondo.

L’area transizionale dell’atto creativo

“È la percezione creativa

più di ogni altra cosa che fa sì che

 l’individuo abbia l’impressione che la vita

valga la pena di essere vissuta”. 

 

L’area transizionale e il bambino

Donald Winnicott, pediatra e psicanalista inglese vissuto negli anni a cavallo tra l’800 e il ‘900, descrive la realtà vista dal bambino nei primi anni di vita, come una realtà vissuta in modo puramente soggettivo, dove tutto, compresa la madre, è per il bambino costruita da lui soggettivamente e dove ogni cosa è sotto il suo controllo. Durante questa età il bambino vede la madre come frutto dei suoi desideri.

Crescendo il bambino si troverà a dover abbandonare questa visione della madre, lasciandola in uno spazio oggettivo condiviso, dove la madre esiste in modo indipendente dalla sua volontà. Il passaggio che il bambino dovrà compiere è tra la realtà soggettiva ed oggettiva, ma, tra le due forme di realtà se ne interpone un’altra, quella zona che D. Winnicott chiama con il nome di spazio transizionale. Questo spazio possiede entrambe le caratteristiche degli altri due spazi, poiché include sia la componente soggettiva che quella oggettiva.

Il passaggio tra queste due realtà, dalla soggettiva a quella oggettiva, avviene grazie a degli oggetti, che consentono al bambino di compiere questo cambiamento poiché possiedono entrambe le caratteristiche delle due realtà. Secondo Winnicott, questi oggetti prendono il nome di oggetti transizionali, e sono ad esempio il lembo della coperta che il bambino userà come sostituto della madre per addormentarsi, oppure il peluche di pezza che tutto smangiucchiato si porterà in giro.

Gli oggetti inoltre faranno sì che il bambino possa entrare nella realtà oggettiva senza perdere però parte della realtà soggettiva. La zona franca fra spazio soggettivo ed oggettivo è la zona che secondo Winnicott consentirà l’espressione dell’originalità dell’adulto. Quest’area, infatti, non muore, ma anzi, si espande, se non fosse altro che è un luogo psichico dove il bambino può giocare creando attivamente e per questo Donald Winnicott considera le esperienze culturali e creative dell’uomo come delle esperienze transizionali.

 

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L’area transizionale e l’atto creativo

L’atto creativo è postulato all’interno dello spazio potenziale dell’area transizionale interposta tra la realtà soggettiva e quella oggettiva. L’essenza di questo luogo è la sua precarietà, giacché essa si situa lungo questa linea teorica che separa il soggettivo dall’oggettivo. Dunque, ciò che è atto creativo non si pone al di fuori della realtà, ma piuttosto è un modo per essere nella realtà, un mezzo e un modo per elaborarla.

Citando le parole di Winnicott “è la percezione creativa più di ogni altra cosa che fa sì che l’individuo abbia l’impressione che la vita valga la pena di essere vissuta” possiamo dire che vivere in modo creativo è una situazione di benessere sia fisico che psicologico; la creatività è universale e appartiene al fatto di essere esseri umani vivi.

 

L’atto creativo

L’atto creativo e la creatività dell’uomo sono un elemento così fondante e imprescindibile, così radicato nell’uomo che, se questo scomparisse, l’individuo potrebbe perdere il sentimento che la vita sia reale e che essa abbia un senso.

Per certi versi, solo nell’atto creativo è possibile la comunicazione ed è in esso che l’uomo può fare uso della sua intera personalità ed è solo nell’essere creativo che l’individuo scopre se stesso. Lo spazio creativo e l’atto creativo, ovvero il luogo franco tra la realtà interna ed esterna, dove l’uomo può entrare e all’interno del quale può dimorare e rifugiarsi, dove può dipingere di ogni colore che vuole un’immensa parete bianca, lo spazio dove può, se lo vuole, essere totalmente libero, ed esprimersi totalmente, nasce per necessità da un processo di accettazione della realtà che non si completerà presumibilmente mai.

Per concludere citando ancora Winnicott, “Nessun essere umano è libero dalla tensione di mettere in rapporto la realtà interna con la realtà esterna, e il sollievo da questa tensione è provveduto da un’area intermedia di esperienza che non viene mai messa in dubbio (arte, religione, ecc.). 

 

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