Inversione di ruolo e benessere

La tecnica psicodrammatica dell’inversione di ruolo favorisce il decentramento percettivo, aiutando il superamento dell’egocentrismo cognitivo ed affettivo, da cui deriva il benessere psicologico

Inversione di ruolo e benessere

Lo psicodramma è innanzitutto un “atto d’amore” e di servizio centrato sull’individuo. Tale metodo predilige al racconto, riferito al là allora, l’azione, ossia la messa in scena dei contenuti interni nel qui ed ora del setting psicodrammatico. Attraverso l’azione, il mondo viene saggiato, sperimentato, analizzato. Il conduttore della sessione psicodrammatica non è l’unico soggetto competente, non ha il compito di fornire consigli, né di indicare il “modo giusto” di comportarsi. Egli è, piuttosto, un facilitatore di processi, colui che aiuterà il protagonista a fare un’esperienza nuova a partire dal bisogno portato sulla scena, sostenendolo nel trovare il “proprio modo” di comportarsi, agevolando il suo processo di apprendimento. Intrecciando azione e riflessione, l'individuo raggiunge una consapevolezza immediata ed intuitiva, conservando la vividezza del contenuto emotivo. Il processo in atto gli consente di prendere coscienza dei ruoli che di solito agisce con minima consapevolezza, sperimentando il senso profondo delle proprie azioni e diventando spettatore del proprio dramma.

La tecnica dell’inversione di ruolo, procedura centrale nella metodologia psicodrammatica, consiste nell’entrare nei panni della persona chiamata sulla scena e percepirne eventi, emozioni, pensieri. Tale esperienza risulta occasione per analizzare il controruolo (l’altro) ma anche il proprio ruolo (se stessi), grazie a moti di identificazione o differenziazione. Immerso nell'azione, l’Io-attore agirà gesti nuovi e spontanei, di cui l’Io-osservatore prenderà coscienza e farà tesoro. La ricchezza di questa tecnica scaturisce proprio dalla capacità di far cogliere all'Io-osservatore nuove verità, che diventano occasioni per acquisire punti di vista diversi della propria realtà interna ed esterna. I nuovi apprendimenti portano a ristrutturare la relazione con l’altro, grazie ad una visione più ampia della situazione, che va ad integrarsi con la propria. Il risultato ultimo consiste nel superamento di blocchi emotivi e di pregiudizi cognitivi, fino ad un generale miglioramento psicologico.

Dopo una serie di inversioni di ruolo è utile incoraggiare un soliloquio, ovvero invitare il protagonista ad  esprimere il vissuto legato all’esperienza di indossare i panni altrui. Il dialogo interiore verbalizzato attiva l’osservazione, dunque l’insight (nuove prese di coscienza). Successivamente, è indispensabile che il protagonista scelga tra i contenuti emersi quelli da tradurre in un messaggio diretto (operazione di integrazione). Queste due fasi costituiscono un processo ristrutturante, dove alla fase di abreazione emotiva di un affetto o di un contenuto interno rimasto imbavagliato segue una fase di integrazione del nuovo contenuto nel sistema di riferimento relazionale ed oggettuale della persona.

Il bambino conosce molto bene il gioco di diventare l'altro, svago necessario alla crescita, che gli permette di apprendere i molti gesti utili per essere accettato dall'ambiente. Egli sperimenta naturalmente, nella sua evoluzione, vari tipi di ruolo, giocando quelli delle persone che gli vivono accanto. La sua non è una semplice imitazione ma una vera e propria introiezione. Nello sviluppo psico-affettivo la capacità di inversione di ruolo segna il passaggio dall'egocentrismo infantile alla capacità di relazione sociale ed intimità.

Io mi occupo di formazione e counseling. Sia in aula, sia nel mio studio ho modo di sperimentare il potere di questa tecnica, sorprendendomi ogni volta dei felici risultati. Il solo rispondere ad una serie di domande esplorative in inversione di ruolo con l’ “altro” significativo diviene per il mio “cliente” (così è chiamata la persona che si spende in un percorso di counselling) un’esperienza di grande apprendimento, che lo porta ad una nuova percezione del contesto esplorato. L’esperienza di esternare il pensiero o il vissuto dell’altro, utilizzando la sua voce, le sue parole, le sue modalità espressive, obbliga il mio interlocutore a decentrarsi completamente da sé, arrivando a percepire le  emozioni e le ragioni del controruolo (l’altro). Inoltre, osservarsi dall’esterno e percepire i propri gesti tramite il quadro di riferimento altrui favorisce una nuova visione di sé e dell’interlocutore. Il cambiamento si fa possibile, poiché solo dopo aver percepito profondamente il proprio e l’altrui vissuto è possibile mettersi in discussione, comprendere il risultato dei propri gesti, accogliere il punto di vista dell'altro.

Se nel contesto d’aula, la possibilità di dar luogo alla messa in scena è sottoposta alla volontà dei partecipanti di mettersi in gioco, nella relazione duale di counselling la difficoltà consiste nell’assenza di io-ausiliari. In tal caso, la mia attenzione si concentra nel cogliere spunti che possano tradursi in rappresentazioni attuabili senza la presenza di altri ausiliari se non la mia. Quando possibile, sollecito il mio cliente a mettere in scena il suo racconto, giocandomi sulla scena come ausiliario o alter ego e tornando nei miei panni per offrire rimandi in qualità di counselor. Privilegiare l’esserci rispetto al racconto, l'inversione di ruolo, rispetto al semplice utilizzo della prima e della terza persona, rende “l'incontro” con il controruolo più autentico, forse problematizzante ma decisamente più “detonante”. Ed è proprio l’esplosione di umori, affetti, riflessioni, ciò che ricostruisce l’atomo percepito, grazie a quella preziosa alternanza tra auto ed eteropercezione, che accresce notevolmente l’autoconsapevolezza a vantaggio di una sistematizzazione concettuale.

In ambito formativo, l’utilizzo della drammatizzazione determina un alto coinvolgimento dei partecipanti, diminuendone l’ansia e promovendone la spontaneità. L’inversione di ruolo con una figura appartenente alla sfera professionale, accresce nel formando la possibilità di osservare la gestione operativa del proprio ruolo, nonché migliorare la relazione con quella figura. Un adattamento ottimale a più ambienti richiede una personalità adattabile e spontanea. Il metodo psicodrammatico forma gli individui ad un buon adattamento sociale mediante la diretta esperienza di situazioni di vita reale.

Se nel quotidiano non sempre è facile prendere coscienza dei propri gesti, che anzi vengono perpetuati in modo copionale, l'apprendimento alla spontaneità aiuta ad eludere modalità cristallizzate. La tecnica dell'inversione di ruolo avvicina alla vera umanità dell'altro, al suo peculiare modo di percepire la vita. Non vi può essere completa conoscenza di sé senza una parziale uscita da sé.