Fidarsi di false informazioni: perché crediamo alle “bufale”?

In rete circolano notizie false, prima condivise con enfasi e poi smentite, con molto meno “rumore”: perché è facile fidarsi di false informazioni online?

Fidarsi di false informazioni: perché crediamo alle “bufale”?

Secondo una rassegna pubblicata dallo psicologo David Rapp, della Northwestern University, saremmo piuttosto propensi a fidarci di false informazioni e questo nonostante si viva nell’era multimediale dove, mai come prima, abbiamo accesso a una serie praticamente infinita di dati.

O forse, sostiene l’Autore, proprio per questo: informazioni contraddittorie e ridondanti fanno sì che il cervello prediliga quelle più facili, immediate e spesso false

A quanto pare usiamo abitualmente tutta una serie di scorciatoie cognitive per districarci, piuttosto male, in una mole di informazioni ingannevoli!

 

La diffusione di false informazioni

Perché capita così spesso di credere alle false notizie? Da quando esistono i social network sembra che questo fenomeno si sia amplificato moltissimo: basta un clik per condividere una notizia in rete ad altri utenti e far circolare così false informazioni che a volte diventano veri e propri fenomeni mediatici.

Secondo la rassegna di Rapp questo fenomeno è molto diffuso ed è in grado fra l’altro di influenzare atteggiamenti e comportamenti futuri delle persone. Il motivo?

Secondo Rapp è semplice: le false notizie sono anche quelle spesso più sensazionali o facili da comprendere, perché veicolate con un basso livello di complessità

Queste notizie sarebbero anche quelle che siamo in grado di ricordare meglio e di richiamare più facilmente alla memoria amplificando in questo modo la diffusione di false informazioni.

 

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La forma e il contenuto delle false informazioni

La rassegna di Rapp condensa i risultati di molti studi sull’argomento che da tempo documentano quanto sia facile, oggi più di ieri, diffondere false informazioni.

Ma perché accade questo? Non sarebbe più opportuno fermarsi a leggere e a riflettere criticamente sui messaggi che ci vengono veicolati?...

Una buona schiera di sprovveduti internauti dovrebbe probabilmente fare ammenda, ma quello che riguarda in qualche misura un po’ tutti è la modalità con la quale la nostra mente tende a processare le informazioni.

Non possediamo solo una via razionale e critica di vagliare il contenuto di quanto ci viene proposto, possiamo essere attratti anche da contenuti che ci catturano emotivamente, che in qualche modo ci coinvolgono senza attivare una riflessione vera e propria…

Crediamo alle false informazioni perché spesso sono notizie che ci catturano emotivamente e… cosa c’è di più vero di un’emozione?
Questa seconda via è quella che Petty e Cacioppo, due noti psicologi della comunicazione, definirono “via periferica”: siamo persuasi della credibilità di una notizia per l’impatto emotivo che ha su di noi, per la forma con cui ci viene presentata, ma non riflettiamo criticamente sul suo contenuto.

 

Contrastare le false informazioni

Ma perché tendiamo a privilegiare la “via periferica” per vagliare le informazioni che leggiamo ad esempio in rete e sui social network?

La rassegna di Rapp sostiene che questo sia dovuto all’enorme mole di messaggi che riceviamo ogni giorno, messaggi fra cui diventa difficile discriminare fra vero e falso..

In questo marasma di informazioni, spesso ridondanti e contraddittorie, sembriamo privilegiare l’utilizzo di euristiche, ovvero scorciatoie cognitive che tendono a farci recepire con estremo grado di semplificazione le informazioni che leggiamo impegnando molto poco delle nostre risorse cognitive e di ragionamento critico.

Altro che confronto di idee e democrazia digitale, la rassegna di Rapp ci avverte: sarà il caso di esercitare maggiormente le nostre facoltà critiche se non vogliamo trasformare internet da strumento di libertà a qualcosa che assomiglierebbe pericolosamente nel suo contrario!


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