Ossessione da calorie: i modi scorretti di calcolarne il peso nella dieta

Quanti minuti di corsa o di camminata ci vogliono per “bruciare” una merendina o una fetta di torta? Le etichette nutrizionali potrebbero essere presto formulate con lo scopo di illustrare questa correlazione. Un’idea geniale? Non proprio, anzi: uno dei peggiori modi di pensare alle calorie nella dieta.

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Lo riporta Kari Anderson su Psychology today: recentemente La Royal Society for Public Health nel Regno Unito ha chiesto ai produttori di aggiungere alle etichette alimentari un’inconsueta informazione: il PACE, Activity Physical Equivalents o Expenditures.

In altre parole, l'etichetta nutrizionale di una barretta di cioccolato da 229 calorie, dovrebbe anche elencare anche quanti minuti di camminata o di corsa ci vorrebbero per bruciare quell’apporto energetico. Una pessima idea secondo l’autrice, che alimenta modi scorretti per pensare alle calorie nella dieta e sostiene atteggiamenti disfunzionali verso il cibo e l’alimentazione.

 

Correre letteralmente dietro alle calorie della dieta

Associare all’importo calorico di un alimento la quantità di attività fisica necessaria per “smaltirlo” è controproducente e potrebbe avere dei risultati paradossi, sia sull’alimentazione che sull’esercizio fisico stesso.


In primo luogo, scoprire quanti giri di corsa sono necessari per compensare un certo introito comporta di solito la percezione di costi decisamente superiori ai benefici. Sì, perché se dovessimo “pesare” tutte le calorie ingerite in funzione dell’esercizio fisico necessario e smaltirle l’impresa risulterebbe assolutamente titanica, e non solo ai più pigri!


Mangiare un cioccolatino è un piacere che dura un attimo, correre per i minuti necessari a smaltirlo è un “costo” che eccede in termini di tempo e fatica qualunque beneficio dato da un “comfort food”!


L’effetto è quello di demotivare la persona, farle percepire che qualunque sia l’importo nutrizionale dei cibi consumati sarà comunque impossibile riuscire a compensarlo con l’attività fisica e allora tanto vale. Mai come nel rapporto col cibo le persone tendono a mettere in atto un pensiero dicotomico del tipo “tutto o nulla”: o si segue la dieta alla lettera o, se si sgarra una volta, si finisce per perdere del tutto il controllo e vie dicendo…


Le persone, cioè, non sono facilitate a seguire una corretta alimentazione dalle giuste informazioni, ma dall’adozione di comportamenti e strategie che possano percepire come fattibili. Gli esseri umani seguono l’alimentazione di cui si ritengono capaci, non necessariamente quella che sanno essere la più corretta. E le diete troppo rigide e restrittive, così come l’idea di dover andare a correre per compensare un”peccato di gola” non fanno altro che rendere l’obiettivo (una sana alimentazione) sempre più perfezionistico, rigido e irrealistico. La conseguenza e, inevitabilmente, un  aggravamento del senso di inefficacia personale e, con esso, della perdita di controllo alimentare. Questa strategia insomma potrebbe avere l’effetto contrario a quello sperato.


In secondo luogo, associare l’esercizio fisico alle calorie degli alimenti, è controproducente per l’attività sportiva in quanto tale perché la associa ad una sorta di punizione, di penitenza necessaria a “espiare” una colpa rendendola tutt’altro che benefica e piacevole.

 

Siamo sicuri di volerci “bruciare” le calorie?

Ma, a ben vedere, c’è una considerazione più generale che val la pensa fare e che vale a mettere in discussione provvedimenti simili a quello proposto nel Regno Unito. Ed è che le calorie ingerite vadano “bruciate”, eliminate all’istante, volatilizzate come a voler/dove riportare costantemente in “pareggio” qualunque introito calorico della propria dieta (che, ricordiamo, non è quella che si fa due settimane dopo Natale, ma uno stile di vita).


Le calorie non sono degli anonimi numerini sulle etichette nutrizionali, le calorie sono energia, energie che gli alimenti ci consentono di avere a nostra disposizione per la vita, per essere le persone che siamo, per svolgere le attività che ci stanno a cuore, per restare concentrati durante un compito, per cullare i nostri bambini o scalare una parete di roccia se è questo che ci fa stare bene. Le calorie non vanno eliminate ma utilizzate!


Un’alimentazione sana non si basa su uno sterile conteggio entrate/uscite, le calorie non sono tutte uguali, come spiegano i nutrizionisti, e ogni alimento non è benefico o dannoso in sé, ma a seconda di come si combina nel quadro più generale della nostra dieta e del nostro stile di vita.


Per autoregolare il nostro comportamento alimentare non è necessario calcolare quanto e cosa mangiare sulla base di un algoritmo, ma ascoltare le proprie sensazioni corporee: quelle ci dicono se quello che stiamo mangiando è un buon cibo per noi, o se ci risulterà troppo pesante nelle ore successiva; se abbiamo effettivamente fame o se siamo ormai sazi ecc.


Il discrimine più che un valore numerico in assoluto è quello della nostra vitalità: quello che mangiamo, quanto ne mangiamo, ci aiuta ad essere più partecipi e vitali a quello che facciamo o ci appesantisce nel corpo e nella mente (vergogna e senso di colpa la fanno da padroni dopo la fame emotiva) mortificando la nostra capacità di essere la versione migliore di noi stessi