Timidezza ed egocentrismo

La timidezza porta a nascondersi, evitare di essere al centro dell’attenzione, schivare le situazioni sociali nel timore di fare una figuraccia. Tutti elementi che rivelano però una paradossale forma di egocentrismo proprio in coloro che più di tutti temono il “palcoscenico”. Vediamo perché.

Timidezza ed egocentrismo

Essere costantemente preoccupati dell’immagine che si dà agli altri, del loro giudizio, delle gaffe o figuracce che si potrebbero fare… Sono tutte preoccupazioni che occupano la mente delle persone timide e che le portano a concentrare gran parte della propria attenzione su se stessi.

Questa paradossale forma di egocentrismo deriva dal fatto che la timidezza porta a sovrastimare l’impatto che i propri comportamenti hanno sugli altri.

 

Egocentrismo e gratitudine

Oliver Burkeman in un suo articolo riflette sulla reticenza, piuttosto diffusa nella cultura britannica, a porsi al centro dell’attenzione fino all’estremo di considerare sconveniente o inappropriato il rimandare indietro un piatto al ristorante nel caso in cui non sia conforme alle richieste iniziali.

Lui stesso ammette di provare un marcato senso di ansia all’idea di un’eventualità del genere riconoscendo che, tuttavia, in questo modo sta decisamente sovrastimando l’importanza che gli altri darebbero al suo – per altro condivisibile – comportamento di protesta.

L’idea che la timidezza sia una forma mascherata di egocentrismo sembra confermata anche da un’interessante studio sulla gratitudine condotto dagli psicologi Amit Kumar e Nicholas Epley.

Esprimere gratitudine verso le persone importanti può sembrare un gesto del tutto naturale ma, secondo i ricercatori, non sempre è così. È più diffusa di quanto si creda, infatti, una certa riluttanza a farlo nel timore che un tal comportamento possa essere giudicato inappropriato o creare imbarazzo nell’altra persona.

Timori che si rivelerebbero per lo più infondati nella realtà (stando ai riscontri riportati dallo studio). Coloro dunque che sono più timidi e preoccupati all’idea di manifestare la propria gratitudine opererebbero una distorsione cognitiva riguardo al reale impatto del proprio comportamento, rivelando di essere eccessivamente concentrati su se stessi, sull’immagine che possono dare all’esterno e meno liberi di rapportarsi agli altri in modo genuino e spontaneo.

 

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Le distorsioni cognitive della timidezza

Dunque, la timidezza alimenterebbe un timore irrealistico di essere “messi su un palcoscenico”, portando le persone a comportarsi come se ogni loro gesto avesse il potere di richiamare improvvisamente tutta l’attenzione altrui.

Se è proprio questo il vostro più grande timore potreste forse trovare piuttosto confortante l’idea che, in fondo, gli altri non badano a voi più di tanto e che potreste passare inosservati molto più facilmente di quanto crediate.

È molto utile in questi casi, infatti, riuscire a modificare le percezioni ansiose e distorte con le quali la timidezza interpreta il mondo per considerare in modi più realistici l’impatto che i propri comportamenti potranno avere sulle altre persone.

La timidezza, ad esempio, porta a sovrastimare le conseguenze di un possibile errore: se incespicheremo nel discorso e faremo un figuraccia, gli altri penseranno che non siamo persone capaci, ad esempio.

Questo sostanziale errore di attribuzione è molto diffuso nelle persone timide: ritenere che un singolo sbaglio o un’incertezza comprometta il proprio valore globale come persone.

Ne deriva un atteggiamento egocentrico perché la persona è concentrata su di sé nell’intento di proteggersi da pericoli vissuti come potenzialmente devastanti per la propria autostima.

 

Timidezza, vergogna e personalità

La timidezza – da non confondere con l’introversione – è dunque un tratto di personalità associato a una significativa vulnerabilità personale a vissuti di vergogna o imbarazzo.

Per alcuni può trattarsi di una caratteristica personale per lo più “benigna” che può man mano ammorbidirsi con la crescita e l’esperienza di vita.

In questi casi la timidezza, almeno in età adulta, non si rivela un problema generalizzato ma una disposizione caratteriale che potrà mettere in difficoltà solo in alcune specifiche situazioni di stress.

In altre persone, invece, questa modalità può essere fortemente limitante e rischiare di compromettere in modo significativo la vita sociale e lavorativa.

In questi casi la timidezza, e il paradossale egocentrismo che le si accompagna, possono esprimere problematiche di personalità anche molto diverse fra loro come una fobia sociale pervasiva (tanto da sfociare in un disturbo di personalità evitante) o un narcisismo patologico (non tutti i narcisisti appaiono arroganti e estroversi, altri esprimono la propria insicurezza mediante un atteggiamento passivo e ritirato, con il quale evitano di mettersi in gioco e di confrontarsi con la paura del fallimento).

Non è detto, insomma, che i timidi siano degli esibizionisti mancati; il senso del loro paradossale egocentrismo sta nell’atteggiamento di perenne ritiro e difesa che istintivamente adottano per mettersi al riparo da pericoli e danni per la propria autostima.

In questo modo si rischia però di non riuscire a “vedere” gli altri né ad interessarsi genuinamente a loro (come persone e non come potenziali giudici di se stessi) a discapito, a volte, della qualità delle relazioni.

“Nella timidezza non c’è meno paura che orgoglio”. (Roberto Gervaso)

 

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