Il giudizio degli altri: tra Vero e Falso Sé

Ingabbiati e intrappolati sotto la pressione del giudizio altrui, contratti in finte maschere intercambiabili per compiacenza. Come affrontare la paura del giudizio dell'altro e scegliere la possibilità di liberarsene.

Il giudizio degli altri: tra Vero e Falso Sé

"Balla come se nessuno ti stesse guardando,

canta come se nessuno ti stesse ascoltando,

ama come se non ti fossi mai ferita

e vivi come se il paradiso fosse sulla terra".

Mark Twain

 

Noi e il giudizio degli altri

“Nessuno mi può giudicare, nemmeno tu” cantava Caterina Caselli nel 1966 debuttando sul palco di Sanremo. Una frase estrapolata da un testo di una famosa canzone, che all’epoca si piazzò al secondo posto, ma che viaggia trasversalmente in diverse epoche e probabilmente anche culture, per arrivare a dirci quanto sia diffusa la paura del giudizio degli altri. Un giudizio che ricerchiamo perché evidentemente sin da bambini abbiamo esperito la necessità di ricevere riscontri positivi da parte dei nostri cari, per rivestire la nostra autostima proteggendola dal dolore e dalla frustrazione.

Purtroppo spesso si rischia di rimanere ingabbiati dentro alcuni moniti interiori: “Chissà cosa penserà la gente”, “Chissà cosa diranno di me” ecc.; in queste situazioni la nostra attenzione rischia di essere rivolta prevalentemente all’evitare di ricevere un giudizio negativo dagli altri piuttosto che all'impegno nella costruzione di un sé spontaneo e autentico.

Il rischio enorme è, infatti, di perdere se stessi: per ricevere un giudizio positivo da parte degli altri è necessario soddisfare le loro aspettative. Aspettative che rischiano di essere via via più impegnative.

Sostanzialmente, alla base della ricerca del giudizio positivo degli altri, c’è la paura di essere rifiutati, non accolti ed accettati, emarginati ed isolati. Si paventa nuovamente il demone della solitudine. Si insinua così una vita inautentica, tendiamo, infatti, ad aderire senza o con poca esitazione alle condizioni e alle aspettative più o meno consciamente richieste dall’altro, recitando una parte che non ci appartiene (che non è una nostra parte), indossando maschere e assumendo ruoli non veri e inautentici.

Conseguenza di queste maschere di volta in volta cambiate a seconda delle circostanze è che l’altro, sebbene il nostro sia un disperato tentativo di avvicinarlo a noi, è sempre più lontano e distante. Difatti il vero incontro tra due persone è nella loro intima autenticità.


In cosa consiste il falso sé?

 

Il circolo vizioso del giudizio: perdendo il Vero Sé.

È facile che in questa condizione si generi un circolo vizioso: sentire l’altro più lontano potrebbe accrescere il bisogno di protezione e sicurezza, dunque di ricevere la sua approvazione e il suo giudizio positivo. Questo potrebbe condurci a ottenere ancor più il giudizio favorevole indossando altre maschere e adattandoci ancor più al giudizio degli altri.

Con il progredire di questo circolo vizioso, condurremmo sempre più la nostra personalità verso la morte in quanto, sottoposta a continui travestimenti e maschere, non potrebbe espandersi e crescere. Procedendo in questo modo il passo per arrivare ad essere inautentici non solo con gli altri ma anche e soprattutto con se stessi è veramente breve: iniziando a mancare di spontaneità, attuiamo una chiusura anche verso noi stessi, perdendo la capacità di domandarci, chiederci e soprattutto risponderci spontaneamente e autenticamente, riguardo il nostro essere e stare. Domande del tipo: “come mi sento?”, “di cosa ho bisogno?”, “cosa cerco?”, “cosa vorrei?”, e a livello relazionale con l’Altro, “Che persona è?”, “che rapporto vuole instaurare con me?”.

Arrivare ad essere troppo condizionati dal giudizio degli altri, è indicatore sovente anche di una scarsa stima verso noi stessi e del fatto che anche noi esercitiamo un giudizio verso noi stessi (giudice interiore).

 

Come praticamente vincere la paura del giudizio altrui

Per tentare di spazzare le catene di questo circolo vizioso e provare a porci nel mondo relazionale in modo autentico, sincero, vero con gli altri, per incontrarli realmente per ciò che si è piuttosto che sulla scia di ciò che loro vorrebbero che noi fossimo, qualche breve e non pretenzioso suggerimento pratico:

  • Proviamo a essere più spontanei e non troppo accondiscendenti. Tentiamo di esporre il nostro pensiero, gradualmente, giorno dopo giorno, contesto dopo contesto. Ricordando che il processo dev’essere tanto più graduale quanto più è la paura di non essere accettati e respintiti.
  • Allentiamo la forza pressante del nostro giudice interiore: è necessario premettere che non è possibile eliminare il nostro giudice interiore, è un parte di noi che nasce e prende vita dall’interiorizzazione delle figure che hanno avuto nella nostra infanzia un ruolo genitoriale. Egli è il nostro “genitore interno”, c’è ed è opportuno che ci sia in noi. Egli ci consente di dare alla nostra parte cosciente modelli e regole di comportamento, modi congrui e adattivi di funzionamento. Non è possibile eliminarlo e non sarebbe neanche un risultato auspicabile, ma è possibile cambiarlo, nel suo grado di severità, anche potenziando da parti più libere di noi.

  • Imparare a distinguere tra critiche manipolative e critiche costruttive (sia che provengano dall’esterno che da noi stessi e in questo caso sono spesso le più spietate). Le critiche manipolative hanno lo scopo di creare imbarazzo, senso d’incompetenza, d’ignoranza, di colpa, di una generica ansia. Le critiche costruttive hanno, invece, un altro scopo e obiettivo. Sono volte, infatti, al miglioramento, al benessere e/o all’aiuto dell’altro, anche se potrebbero suscitare senso di colpa, di incompetenza, di ignoranza, di ansia generi­ca. Individuare fra queste le cretiche manipolative è il passo più importante che bisogna fare con noi stessi, esternare e esplicitare, chiarire, rendere consapevoli queste voci spesso silenziosamente sussurrate a noi stessi è un primo indispensabile passo per liberarsene.
  •  Nei casi più difficili intraprendere una psicoterapia: qualora questa paura del rifiuto e del giudizio diventi invalidante limitando la qualità della nostra vita è molto importante ed indicato intraprendere un percorso terapeutico.

 

Il giudizio morale su noi stessi è spesso fonte di sensi di colpa. Come affrontare questo sentimento?