Autostima: il valore di un seminario di gruppo

Un'esperienza di gruppo per lavorare su di sé in relazione all'autostima è una prima forma di conoscenza della propria storia personale, trampolino di lancio per un lavoro approfondito

Autostima: il valore di un seminario di gruppo

L'autostima è il rapporto tra come siamo e come vorremmo essere, è il giudizio risultante da una valutazione di noi stessi, che viene fatta sulla base di criteri ottenuti dal confronto delle nostre caratteristiche con quelle di altri soggetti.

La rappresentazione interna che abbiamo di noi stessi è filtrata attraverso le nostre  credenze, le nostre mappe di riferimento, i nostri modelli educativi, i nostri valori personali, l’ambiente in cui abbiamo vissuto, le persone che abbiamo incontrato, le esperienze che abbiamo fatto.

Un seminario di gruppo sull'argomento può risultare una occasione per iniziare a prendersi cura di sé, per aprire un dialogo con i propri fantasmi interni, rimettendo a fuoco frammenti della propria storia.

Il mio primo obiettivo, in qualità di conduttrice, è quello di lavorare sulla costituzione di un gruppo accogliente e contenitivo, dove poter esperire il piacere della condivisione di un vissuto che trova magari poco spazio all’esterno.

Il raccontarsi acquisisce valore perché emotivamente percepito da altre persone, che fungono da attenti ascoltatori e che, a loro volta, fanno dono del proprio vissuto. La condivisione della propria realtà interiore allarga i confini personali e lenisce il senso di solitudine.

Il seminario è incentrato sull'offrire stimoli atti ad una prima elaborazione trasformativa della propria condizione di disagio, acquisendo una conoscenza, seppur minima, dei messaggi antichi o recenti che hanno influito sulla propria bassa autostima. 

Prendere coscienza di tali messaggi significa prendere atto che alcuni antichi modelli introiettati sono fonte di malessere e non permettono una libera espressione di sé, oppure che si concede uno spazio eccessivo a persone e situazioni che meriterebbero invece una presa di distanza. 

Solo avendo una maggior consapevolezza della propria storia è possibile focalizzare ciò che è necessario cambiare, scegliendo i "permessi" di cui si ha necessità oggi.

Con adeguate consegne, porto i partecipanti a circoscrivere le situazioni di bassa autostima, sondando le emozioni ad esse legate, lasciando un ampio spazio per raccontarsi ed essere ascoltati. La focalizzazione di tali situazioni produce una prima forma di chiarezza interiore.

L’espressione delle emozioni legate a eventi difficili ha già di per sé una efficacia catartica, che si sostanzia in una ordinata formulazione verbale in grado di dare nome e gerarchia ai sentimenti, sottraendoli all’ambivalenza confusiva: dare un nome alle emozioni è un modo per trasformare la confusione interiore e fare ordine dentro di sé; creare un dialogo con tale vissuto è un modo per riappropriarsene.

La condivisione della propria storia funge da agente relazionale, poiché favorisce la circolazione di energie, di conoscenze, di emozioni, di vissuti comuni, elementi che portano il gruppo a strutturarsi come contenitore emotivamente accogliente.

La dimensione gruppale favorisce il cambiamento: ogni evento, emozione, espressione veicolata all’interno di un gruppo acquista forza e spessore proprio per la presenza di numerosi testimoni, che legittimano e conferiscono dignità a quel vissuto.

La sollecitazione di spontaneità e creatività, attraverso opportune attività, è funzionale alla possibilità di trovare risposte adeguate a situazioni vecchie o nuove nella vita di tutti i giorni. Nei momenti di impasse, le risorse personali si affievoliscono e si può essere sovrastati dalla sensazione di non farcela.

Focalizzare le proprie competenze e trovare un compito "sostenibile" (una prima modalità di gestione della situazione adeguata per sè, passibile di trasformazione nel futuro, ovvero un primo piccolo passo da compiere per uscire dall'impasse) con l’aiuto di altre persone in relazione emozionale tra loro, produce un senso di potenza.

Dice un maestro zen: gli studiosi della vita devono sapere che essa non sopporta negligenze. Quanto più saremo consapevoli tante più opzioni di scelta avremo. Avere in mente un fine positivo significa, di solito, orientarsi verso scelte positive.