Sarcasmo: arma a doppio taglio

Ridere sì, ma con disprezzo! Il sarcasmo differisce dell'umorismo poiché tende a ridicolizzare la realtà e a capovolgerne il senso con il deliberato intento di umiliare e ferire l’altra persona. Gli esiti dunque sono molto diversi, vediamo perché.

Sarcasmo: arma a doppio taglio

 

“Lacerare le carni”, questo il primario significato etimologico del termine: il sarcasmo evidentemente ha un’anima meno “nobile” dell’umorismo con il quale condivide lo strumento del riso ma con obiettivi ben diversi.

 

Il sarcasmo di Maria Antonietta

“Se non hanno più pane, che mangino brioche!” questa frase tradizionalmente attribuita a Maria Antonietta sembra in realtà sia stata pronunciata diversi anni addietro da altri regnanti.

In diverse testimonianze storiche se ne rimanda la paternità a questo o quel regnante senza che se ne possa individuare un’attribuzione certa.

Potrebbe trattarsi anche di una leggenda, di un racconto post hoc tramandato oralmente a rappresentare lo sprezzo di alcuni sovrani per il proprio popolo.

È in ogni caso diventata una delle espressioni più celebri tramandate nella storia e ben si presta a illustrare in cosa consista il sarcasmo. Questa espressione infatti, operando un capovolgimento paradossale, ostenta indifferenza e al tempo stesso pone in ridicolo l’oggetto della questione: sarebbero stati i regnanti a potersi permettere le brioche, non certo i sudditi che da questi ultimi dipendevano per gran parte del loro sostentamento.

 

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Diferenze fra sarcasmo e umorismo

Il sarcasmo si differenzia dall’umorismo proprio per i sui intenti denigratori e umilianti. L’umorismo è invece considerato un meccanismo di difesa sano e adattivo della personalità, un modo per non prendersi troppo sul serio ma sviluppare, al contempo, una sorte di “simpatia” e benevolenza verso sé stessi (e gli altri).

Il sarcasmo sottende invece un moto aggressivo/distruttivo, che attacca e disconosce l’altro. Entrambi hanno in comune una caratteristica: quella di capovolgere i termini di una questione per evidenziarne aspetti nascosti o paradossali suscitando in tal modo il riso.

Tuttavia, l’umorismo pone tutto questo, potremmo dire, al servizio del disvelamento della realtà e dell’empatia con l’altro. Il sarcasmo invece opera un’umiliazione e un parziale disconoscimento della realtà e delle ragioni dell’altro, si limita a coglierne solo alcuni aspetti parziali per amplificarli e renderli risibili. Con l’umorismo si ride “con l’altro”; con il sarcasmo si ride “dell’altro”...

 

Sarcasmo, imbarazzo e vergogna

La differenza fra sarcasmo e umorismo è qualcosa che risulta cruciale, ad esempio, per coloro che per aspetti caratteriali risultano molto inibiti e preoccupati di essere al centro dell’attenzione, di esibirsi in pubblico o anche semplicemente si essere notati in qualche modo.

In alcuni casi questa forma di introversione sociale può assumere i connotati di un vero e proprio disturbo d’ansia e/o di personalità (fobia sociale, eritrofobia, tratti evitanti di personalità) e creare non pochi problemi.

Coloro che soffrono di un disagio del genere vivono nel terrore di essere messi in imbarazzo davanti ad altre persone, di fare brutte figure, arrossire o manifestare qualunque altro comportamento che renda visibile agli altri il loro stato di imbarazzo e vergogna.

Se questo accade infatti l’esperienza può essere talmente penosa da risultare temporaneamente disorganizzante anche per coloro che hanno un buon funzionamento psicologico.

Ciò che si teme è spesso proprio il sarcasmo degli altri che cioè le altre persone possano ridere di loro con il deliberato intento di umiliarli e disprezzarli. Imparare i benefici dell’umorismo può essere invece di grande aiuto per coloro che temono la vergogna nelle situazioni sociali.

Saper cogliere con toni umoristici le proprie debolezze, saper essere i primi in grado di sorridere con benevolenza di sé stessi, aiuta sia a ridimensionare i propri problemi, sia a sollecitare negli altri una vicinanza empatica. Spesso, anzi, è proprio nei nostri errori, nei nostri momenti di defaillance che risultiamo più “umani” e simpatici a chi ci sta vicino.

 

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