Sindrome da stanchezza cronica: quali terapie?

Si chiama sindrome da stanchezza cronica, un disturbo non facile da diagnosticare per il quale non esistono terapie certe. Vediamo meglio di cosa si tratta

Sindrome da stanchezza cronica: quali terapie?

La sindrome da stanchezza cronica è un disturbo caratterizzato da una stanchezza e una spossatezza persistente e almeno parzialmente invalidante che finisce con il limitare molte delle attività quotidiane, sociale e lavorative della persona.

Non esiste un metodo diagnostico certo: la diagnosi avviene per esclusione di altre patologie organiche o psichiatriche così come incerte sono le cause responsabili di questa sindrome. Le terapie sono diverse e diversamente efficaci a seconda del soggetto.

 

La sindrome da stanchezza cronica

La sindrome da stanchezza cronica è, appunto, definita una sindrome piuttosto che una malattia specifica poiché ad oggi se ne conosce sostanzialmente solo il quadro sintomatologico mediante il quale si manifesta al paziente e ai medici, senza tuttavia averne isolato una o più cause patogenetiche che correlino con certezza a tale manifestazione.

Per questo le terapie racchiudono approcci variegati e non sempre risolutivi a seconda della persona. In realtà è stato recentemente proposto di ricondurre il quadro sintomatologico della sindrome da stanchezza cronica alla così detta Encefalomielite Mialgica, una patologia funzionale del sistema nervoso centrale e del sistema immunitario che, secondo gli Autori, spiegherebbe la sintomatologia della fatica cronica.

 

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La diagnosi differenziale con altre patologie

La sindrome da stanchezza cronica non rappresenta semplicemente uno stato generale di affaticamento, ma, per essere diagnosticata come tale, deve rispettare alcuni parametri diagnostici che escludano che, l’affaticamento lamentato dal paziente, sia dovuto ad altre condizioni mediche generali o patologie psichiatriche.

La diagnosi differenziale avviene principalmente con episodi depressivi maggiori, patologie tumorali, renali o epatiche o malattie autoimmuni.

Inoltre l’affaticamento e lo stato di spossatezza generale deve persistere da almeno 6 mesi, rivelarsi parzialmente invalidante per le normali attività della persona e non trovare sollievo o attenuazione nemmeno dopo sonno o riposo.

 

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Cause e conseguenze

Abbiamo detto che le cause sono ancora incerte e si è esclusa quella in passato ipotizzata di un’infezione di tipo virale; attualmente la fatica cronica che affligge questi pazienti non è spiegata da alcuna condizione medica che renda ragione della disregolazione del sistema nervoso centrale, del sistema immunitario, metabolico e cardiovascolare che si riscontra in questa sindrome.

Quel che è certo, tuttavia, è che le conseguenze della sindrome da stanchezza cronica possono essere molto pesanti per il paziente, non solo in termini di riduzione pratica delle sue attività, ma anche per le ripercussioni psicologiche che può avere il protrarsi della malattia.

La sindrome da stanchezza cronica infatti si manifesta prevalentemente in soggetti adulti fra i 20 e i 40 anni, nell’età della massima attività fisica ed intellettiva di una persona e sembra colpire con una maggior prevalenza le donne.

 

Le terapie

Sperimentare uno stato di prolungata spossatezza e sofferenza fisica di cui non si conosce la causa, di cronica incapacità a sostenere le performance abituali e, spesso purtroppo, di incomprensione da parte degli altri del proprio problema può avere ripercussioni pesanti sul benessere anche psicologico di queste persone.

Possono, comprensibilmente, manifestarsi episodi depressivi che aggravano la sintomatologia e i vissuti ad essa connessi in un circuito che tende pericolosamente ad auto rinforzarsi.

Per questo, fra le terapie della sindrome da stanchezza cronica, contemplano oltre a farmaci antinfiammatori, anche antidepressivi e terapia di tipo cognitivo-comportamentale, che ha l’obiettivo di aiutare il paziente a riconoscere e a gestire i sintomi della malattia.

Un altro approccio terapeutico è quello della terapia basata sull’esercizio graduale che porta il paziente ad affrontare impegni fisici di intensità gradualmente crescente. Gli indubbi vantaggi secondari di quest’ultima terapia sono quello di far recuperare alla persona che soffre di una sindrome da fatica cronica invalidante un progressivo senso di autoefficacia.

 

Un libro per saperne di più sulla sindrome da fatica cronica

Non tutti i pazienti vanno incontro a remissione completa dei sintomi; altri devono convivere con questa sindrome anche per lungo tempo.

Recentemente è uscito un libro scritto dal professor Uberto Tirelli, uno dei primi a studiare la sindrome da fatica cronica in Italia, La stanchezza cronica quando diventa una malattia (SBC, 2014), che aiuta ad inquadrare i sintomi e a dar loro un giusto peso dato che questa sindrome è ancora poco conosciuta e presa in considerazione dai medici.

 

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