“Parlo con me”: dialogo interiore e ruminazione mentale

Dialogo interiore e ruminazione mentale sarebbero due fenomeni molto differenti: il primo aiuta a pensare, pianificare le azioni e risolvere i problemi; il secondo alimenta un’escalation di emozioni negative sempre più difficili da gestire e da utilizzare.

“Parlo con me”: dialogo interiore e ruminazione mentale

A quanto pare possiamo essere i migliori o i peggiori interlocutori di noi stessi: la nostra attività mentale può essere esperita come una forma di dialogo interiore in cui utilizziamo una coscienza osservante per dialogare con noi stessi, considerare diversi aspetti di un problema e pianificare strategie; oppure come una sorta di soliloquio dove in preda alla ruminazione mentale non facciamo altro che alimentare pensieri e emozioni negative, rabbiose o catastrofiche.

 

Studiare il dialogo interiore mentre accade

Il dialogo interiore (inner talk) è un’attività mentale sperimentata più o meno frequentemente a seconda delle persone, viene esperita generalmente come la nostra stessa voce, secondo tonalità e sfumature non verbali diverse a seconda degli stati emotivi, localizzata soggettivamente a livello della testa o del cuore e sperimentata con velocità diverse.

Questi i risultati degli studi condotti da Russell Hurlbert e colleghi, ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università del Nevada di Las Vegas. La tecnica utilizzata è quella del desriptive sampling, un sistema di segnalazione che raccoglie i report dei soggetti sulla propria attività mentale in vari momenti della giornata.

In questo modo, spiegano i ricercatori, si cerca di studiare l’inner talk non retrospettivamente, quando è già una ricostruzione a posteriori, ma nel momento stesso in cui le persone lo sperimentano.


Pensare fra sé e sé è una risorsa o un ostacolo?

Lo psicoanalista Anotnino Ferro, riprendendo il pensiero di Wilfred Bion, pone l’attenzione su un aspetto di non trascurabile importanza non solo per chi si occupa di psicoterapia: come esseri umani ci distinguiamo dagli animali in quanto dotati di facoltà di pensiero, attività mentale, in una parole di psiche.

Questa “dote” in realtà non sempre è un vantaggio per l’essere umano: può portarlo a livelli di sviluppo e crescita personale e intellettuale vantaggiosi se sviluppata ed utilizzata al meglio, ma può anche rivelarsi un pesante intralcio all’adattamento sociale se non “addomesticata” a sufficienza (Ferro, A., Evitare le emozioni, vivere le emozioni, Cortina, 2007).

Il pensiero interiorizzato occupa una gran parte della nostra vita mentale e può essere utile o causa di molta sofferenza a seconda che prenda la via del dialogo interiore o della ruminazione mentale.

 

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Lo sviluppo del dialogo interiore nel bambino

Secondo la teoria dello sviluppo di linguaggio e pensiero di Vygotskij, l’interiorizzazione del linguaggio è un passaggio evolutivo cruciale poiché consente la formazione delle funzioni psichiche superiori.

Intorno ai 3 anni il linguaggio si scinde in due funzioni: una comunicativa rivolta verso gli altri; l’altra egocentrica rivolta a sé stessi per guidare il pensiero, risolvere problemi e pianificare le proprie azioni (linguaggio normativo).

Questo dialogo con sé stessi è inizialmente prodotto dal bambino ad alta voce ed è destinato ad essere interiorizzato solo durante la seconda infanzia verso i 7-8 anni.

 

La ruminazione mentale rabbiosa

La ruminazione mentale è una modalità di pensiero ridondante e ripetitivo con cui si ripercorrono passivamente con la mente episodi che hanno causato rabbia e impotenza.

La tendenza alla ruminazione mentale, in particolare quella rabbiosa, sarebbe connessa in tal senso ad elevati livelli di disregolazone emozionale.

La ruminazione mentale rabbiosa sarebbe associata in particolare ad alti livelli di rabbia non espressa, ma riverberante in un circuito mentale che, attraverso la ruminazione, alimenterebbe e amplificherebbe un circolo vizioso disfunzionale che porterebbe la rabbia a livelli così elevati da non poter essere tollerati ma soltanto esplosivamente scaricati all’esterno mediante comportamenti impulsivi.

 

Pensare soluzioni o sentirsi impotenti

Dunque parlare e pensare fra sé e sé sembrerebbe un’operazione affatto univoca ma con destini e conseguenze anche molto diverse a seconda che prenda la forma di un dialogo interiore fra noi e la nostra parte osservante, funzionale alla gestione delle emozioni e alla risoluzione dei problemi, o di un monologo interiore che subiamo passivamente ripercorrendo con la ruminazione mentale episodi verso i quali ci sentiamo inermi e impotenti.

Il primo aiuta a pensare, il secondo annichilisce le nostre capacità critiche e di fronteggiamento degli eventi e delle emozioni ad essi correlate.

Diceva Freud: “ Tutte le nostre esperienze, sono l’effetto esteriore, del nostro dialogo interiore..”

 

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