I benefici dell’improvvisazione musicale

Improvvisazione musicale: espressione incontrollata del pensiero divergente o terapia pre-stabilita?

I benefici dell’improvvisazione musicale

La musica, sia in termini di ascolto, sia in termini di produzione, è sicuramente un’attività che apporta numerosi benefici. Imparare a suonare uno strumento, ad esempio, è un esercizio di bravura, concentrazione e affinamento della tecnica.

L’improvvisazione potrebbe sembrare il contrario di questa continua ricerca dell’esecuzione ottimale, ma si tratta di una lettura superficiale. Allora cos’è l’improvvisazione musicale e cosa ci insegna?

 

Cosa vuol dire improvvisare

Cosa significa improvvisare? La possiamo definire come assenza di struttura, assenza di pianificazione e di un accordo esplicito tra membri di una band.

Dall’altra parte però l’improvvisazione è ciò che ci permette di cogliere l’attimo, di espandere la nostra creatività e di adattarci al nuovo che spontaneamente si crea. Non ci si improvvisa in questo processo, chi è in grado davvero di fare improvvisazione musicale è già passato per quale lungo processo di assimilazione e affinamento della tecnica per riuscire a padroneggiarla senza un piano ben preciso.

Non è sempre necessario che l’attività di composizione sia in totale opposizione all’improvvisazione musicale; nel jazz, ad esempio, ad una traccia predefinita viene lasciata sempre la possibilità al gruppo di apportare un contributo co-costruito sul momento. Il risultato è unico, anche se per qualcuno è imperfetto.

 

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Improvvisare cosa comporta?

Se l’improvvisazione si considera un’espressione di creatività allora possiamo considerarla un’attività vicina al pensiero divergente. Webster ha proprio sposato questa interpretazione: l’improvvisazione musicale è espressione di divergenza.

Il pensiero divergente, anche  a livello musicale, sarebbe la capacità di trovare più risposte ad un medesimo problema (in tempi stretti oserei aggiungere) a cui sommare delle caratteristiche più specifiche:

> Una ricerca dell’originalità, anche in senso di composizione unica e non replicabile;

> Ampiezza musicale;

> Facilità di modificare la propria performance attingendo alle sollecitazioni esterne.

 

Improvvisazione musicale come terapia

L’improvvisazione musicale è una delle forme di musicoterapia che possono essere utilizzati in diversi contesti di disagio. L’efficacia della musica come canale comunicativo è avvallata già dalle ricerche che documentano gli effetti del suono sullo sviluppo del feto in età perinatale (Lecanuet (1995) e Imberty (2002)). 

Inoltre anche prima dell’acquisizione del linguaggio, il baby talk sembra avere delle qualità musicale sonore che favoriscono l’intercomprensione tra adulto e bambino.

Meno condivisione c’è nel considerare la musica e la produzione musicale in quanto tale come metodo efficace.

Il problema principale risiede nei metodi di valutazione dell’efficacia della musicoterapia che sono estremamente soggettivi e che puntano principalmente su come si modifica e si approfondisce il rapporto tra terapeuta e paziente.

Uno dei tentativi per uscire da questa empasse sono i protocolli osservativi come quello di Bruscia (2001) o la Music Improvvisation rating (Pavlicevic) che stilano una serie di passaggi, ma anche di criteri attraverso cui documentare effettivi cambiamenti ottenuti con l’improvvisazione musicale che non siano solo osservazioni soggettive.

 

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